Allora, vediamo: face painting, caproni, croci rovesciate e un logo incomprensibile, copertina con streghe e foreste … direi che ci piace! Sto parlando di “Alptraumgänger”, ultima fatica della killer band bavarese Schrat, giunta al terzo lavoro sulla lunga distanza, edito da Folter Records. Per chi non li conoscesse, gli Schrat sono dei brutti ceffi dediti a un classico black metal oltranzista, senza fronzoli, impregnato di sangue e pestilenza, fermo a quelle sonorità anni ’90 becere e ignoranti che delizieranno tutti gli appassionati del genere. Appena si schiaccia play una tempesta gelida di tremolo picking e blast beats investe l’ascoltatore come fosse un camion in autostrada lanciato a velocità folle, il tutto condito da un ottima prestazione vocale di Dragg, che fino al 2009 è stato anche batterista del gruppo.
“Alptraumgänger” è un lavoro diviso in due parti: la prima composta da tracce inedite (tra cui intro ed outro), la seconda da registrazioni live di pezzi provenienti dall’ep del 2015 (“Artefakt”) e dal full length del 2011 (“Schattenwahn”). Non si riesce a capire se per live si intende dal vivo in sala concerto o più semplicemente in sala di registrazione in presa diretta, in quanto la presenza del pubblico sembra inesistente: questo avviene anche grazie alla notevole qualità della produzione, mai eccessiva ma con suoni giustamente equilibrati e potenti, considerato che si tratta di true black metal rivolto ad esseri cavernicoli come noi. Le coordinate sono da classic stuff, niente più e niente meno. Bei riff sparati alla velocità della luce si alternano ad altri carichi di groove come nella title track, una killer song che farebbe fare headbanging pure a un morto.
La cattiveria è tanta, lo spirito scanzonato dei nostri ragazzi pure: in “Gräberland” pare di ascoltare un riffing figlioccio dell’hardcore più violento e rabbioso, mentre è “Wolfist Erwacht -Adams Sohn Zerfetzt”, a parere di chi scrive, il vero gioiellino di questo album, una song epica trasudante pestilenza e sofferenza, con rallentamenti atmosferici e la presenza di clean vocals evocative; anime in pena attorno a un fuoco, in attesa di sacrificare qualche essere innocente alle divinità più malsane del cosmo. L’epicità è ben marcata anche nelle altre songs proposte “live”, soprattutto in “Endzeitphilosophie”, canzone pazzesca, cavalli al galoppo in aride foreste ghiacciate alla ricerca di vendette personali e distruzione. Seguendo il proprio percorso in modo coerente e senza scendere a compromessi, l’ensemble bavarese ha creato un lavoro pieno di oscurità e gelida freddezza, secondo gli stilemi del genere, portando chi ascolta in vere e proprie atmosfere da incubo. Vera old school ragazzi, da qui non si scappa.