“Tulen Valtakunta” segna il debutto su full length per i finlandesi Shadow’s Mortuary. Il combo, nato nel 2013, con alle spalle due ep, si presenta elegantemente nel mercato discografico estremo in punta di piedi, proponendoci un genere a noi noto come il classico black metal occulto, nel tipico stile finlandese, dove tra freddezza esecutiva e glacialità compositiva si lascia ampio spazio a melodie ancestrali degne di un libro di versetti satanici. I suoni provenienti dall’aldilà ci fanno subito capire a cosa si andrà incontro ascoltando questo platter: puro metallo nero come la pece, che lascia da parte qualsiasi tipologia di innovazione o la benchè minima intenzione di esplorare territori nascosti. Qui si fa tutto alla luce del sole (di mezzanotte) e le sonorità rarefatte, ruvide, pesanti e taglienti di “Tulen Valtakunta” sottolineano il senso di oppressione, tristezza, disperazione e quella volonta di fuggire che viene resa vana a causa delle catene che intrappolano al miserabile mondo terreno i Shadow’s Mortuary. L’intro apripista, non banale ma di sicuro non fondamentale, serve esclusivamente per farci rilassare e prepararci a un attento ascolto delle successive nove tracce, che ci porteranno lentamente nei meandri impregnati di pena, odio, misantropia e disprezzo per qualsiasi cosa abbia a che fare con la luce di Dio e il sorriso delle persone. A questi ragazzi il sorriso non piace e basano la loro rabbia su un sentimento negativo che caratterizza tutto il disco, senza perdere mai di vista questo obiettivo, raccontandocelo con liriche in lingua madre, con tematiche spaziano dalla misantropia all’anticristianesimo, toccando la malinconia più nera.
I tempi sono lenti e soltanto nell’opener “Raatojen Kuningas” riusciremo a sentire un minimo di velocità, seppur controllata ma ben sostenuta. Per il resto del disco i tempi sono cadenzati e marziali, come a incidere lentamente ferite su corpi già dilaniati dalle ossessioni angosciose di questi ragazzi. Ciò che di sicuro ne trae giovamento è una maggiore attenzione alle melodie, sia dal punto di vista vocale, con il singer Void che fa un ottimo lavoro (sia di adattamento lirico che per quanto riguarda le sue harsh vocals, ben modulate e adatte alla proposta della band) che dal punto di vista chitarristico, con la creazione di atmosfere glaciali e malinconiche. “Untentuoja” riassume in pieno queste ultime divagazioni con i suoi riff lenti e serrati su un drumming costante ed estenuante che funge da mero accompagnamento, risultando molto simile al martello del fabbro su un’incudine. Nella titletrack i tempi si fanno più veloci ma senza mai eccedere e questo in parte è uno dei difetti del lavoro: l’eccessiva similitudine tra le tracce e la mancanza di veri e propri cambi di passo durante tutta la durata del disco lo rendono di difficile assimilazione. Lo stato di perdizione creato dalla band è però ad alti livelli e la paranoia invaderebbe pure il cervello di un neonato: le chitarre, con un costante tremolo che fa da contraltare ai tempi dilatati della batteria, creano una condizione per la quale ci si aspetta da un momento all’altro un’accelerata, che arriverà solo all’inizio della penultima traccia “Verensakeaa Sumua”. In conclusione è posto il terzo episodio speed del disco, “Labyrintti”, ottimo esempio di black metal onesto e arrogante che basa tutto sull’impatto: se questo pezzo fosse stato messa in mezzo alla scaletta di sicuro avrebbe reso sia l’ascolto più agevole e più semplice la fruizione del disco dall’inizio alla fine.
In definitiva “Tulen Valtakunta” è un buon esordio, dove la componente depressive e malinconica vive un ruolo da protagonista a discapito di quella più raw, giocando una parte cruciale nell’economia del disco ai fini della resa melodica delle composizioni, che risultano leggermente monocordi e non facilmente assimilabili, considerato che nessuna traccia riesce a emergere con decisione sulle altre, anche per una produzione povera, acerba e da vero e proprio disco old school. Ma questo era quello che i Shadow’s Mortuary probabilmente volevano ottenere. Di sicuro questo primo lavoro della band sarà una manna dal cielo per chi ama le sonorità più plumbee ma non rinuncia a qualche sprazzo di velocità primitiva e siamo sicuri che con il prossimo disco e un pizzico di idee in più questi ragazzi potranno far parlare di sé nella frangia più nera e oscura dell’underground.