Strana gente i Förgjord, davvero strana. Vengono dalla Finlandia ma si potrebbe fare fatica a identificare la provenienza della band, considerato che il loro black metal, che sembra giungere dall’oltretomba, ha svariate influenze: oltre che la matrice classica del sound della loro terra natia, con inserti di melodie malsane, si percepiscono echi di natura vagamente norvegese, grazie all’attitudine mistica e depressiva di alcuni frangenti, ma anche di quella che fu la scena doom primordiale italiana, con la costante presenza dell’organo in sottofondo, che fa venire in mente diverse composizioni di Paul Chain o dei Death SS in generale, per non parlare degli Abhor più riflessivi e mistici. “Ilmestykset”rappresenta il quarto full length nella venticinquennale carriera della band: ragazzi che non si mettono fretta insomma, visto che, prima di questo nuovo platter, uscito a soli due anni di distanza dal buon predecessore “Uhripuu”, la media dell’attesa tra una pubblicazione e l’altra era di circa cinque anni (al netto dei vari demo e split). I Förgjord vivono il black metal nella sua essenza più underground, non curandosi di stili e mode del momento: costantemente distanti dalla luce dei riflettori, disco dopo disco hanno reso il loro sound sempre più personale e particolare; freddo, ruvido, minimale al limite dell’ancestrale, con forti contaminazioni horrorifiche ma tenendo sempre la freccia puntata verso linee melodiche di chitarra efficienti e, in certe situazioni, quasi al limite dell’epico. “Ilmestykset” (in inglese “Revelations”), è una sorta di concept album basato sulle rivelazioni di Maria Åkerblom, leader del movimento evangelico finlandese Åkerblom, che la considerava a tutti gli effetti una sorta di profeta.
Il disco, come da tradizione, si apre con un’oscura intro composta da synth, rumori sinistri e voci registrate, che danno il via alla kermesse dell’orrido con la seguente “Orjahuoran Laulu”. Questo primo brano è caratterizzato da un andatura veloce e sostenuta, un up tempo che si ripeterà praticamente in tutte le tracce, in quanto nel disco non c’è spazio per il blast tipico della gran parte delle black metal band: i tempi sono veloci, ma mai imbizzarriti, a favore di ritmi costanti che lasciano spazio alle strutture melodiche dei pezzi, facendo sì che il caos venga generato esclusivamente dai suoni dannatamente beceri della registrazione casalinga.
Cosa che da un lato rende affascinante questo lavoro dei Förgjord ma dall’altro ne penalizza la resa, rendendo quasi incomprensibile una gran quantità di cambi di atmosfera all’interno dei pezzi, che vengono invasi dalla sporcizia generale dei suoni, tanto che sembra proprio di trovarsi in una sala prove male insonorizzata, dove i fischi e i feedback rendono l’ascolto sempre più fastidioso. Questo è black metal puro, malvagio e infimo e la band ci tiene a esporre tutto il proprio dissenso nei confronti del genere musicale più adorato dalla Bestia suonato con produzioni moderne, come va tanto di moda oggi. Il sound caotico tuttavia non implica che la band suoni in maniera approssimativa: la produzione del disco è volutamente “fatta in casa”, per far trasparire il marciume ignorante di questa musica nella sua versione più ortodossa e infernale.
Le composizioni del trio finlandese hanno vari connotati in comune tra loro: se per la produzione abbiamo già speso più di una parola, è necessario sottolineare ancora una volta la presenza costante dell’organo, a volte sopra le righe, perché il black metal dei Förgjord è sì grezzo e luciferino, ma la melodia, seppur malata, fà capolino in più di un momento, rendendo il sound ipnotico, come se ogni song fosse un viaggio verso uno stato di trance. “Maailma Palaa” si apre con suoni lenti e pesanti, ai confini del doom/death, con l’organo a tessere trame sinistre e una voce in lingua madre che introduce al vero e proprio corpo della song, che acquista lentamente una forma più prettamente doom, per poi lasciare spazio a sentori di dark, grazie alle tastiere e ai riff rarefatti.
“Kaksitoista Kuolemaa” è il vero e proprio gioiello e brano più rappresentativo del disco perché contiene tutti i lati caratteristici dell’attuale sound della band: un’intro oscura, un riff in up tempo con un groove melodico di chitarre e la voce di Prokustes Thanatos, mai così acida e malata, che risulta quasi incomprensibile tanto è amalgamata al suono marcio degli strumenti. Di sicuro il miglior pezzo del lotto ed il brano più tipicamente finlandese, grazie al suo incedere fiero, gelido, epico ed inquieto. L’aria di malinconia distintamente finlandese permea il black metal dei Förgjord, che si conferma altresì brutale con “Pohjolan Soturi”, song superba che fa esplodere in tutto il loro candore cristallino melodie prima latenti, diventando una nenia al limite dell’ossessione per tutta la sua durata. Concludendo, “Ilmestykset” è un disco di non immediata assimilazione e adatto solamente agli stomaci più forti, sia per il genere proposto che per la produzione vecchia maniera, ma è un lavoro che lentamente conquista e trasporta l’ascoltatore nei seminterrati umidi della casa rappresentata in copertina: e una volta chiusa la botola non ci sarà più scampo.