Visto e considerato che stiamo vivendo un mese di maggio tra i più freddi degli ultimi anni, tra neve, pioggia, e un inverno che sembra non volgere mai al termine, a rincarare la dose ci pensano i Nattfog. Questa raccolta “Pohjan Porteilta” fa calare le temperature di ulteriori dieci gradi: basta vedere la copertina minimale, oscura e glaciale, in linea con le altre cover proposte dalla band nella propria carriera che ci fa subito capire a cosa andiamo incontro. La Finlandia, da sempre terra fertile per una delle frange più radicali del black metal in questo 2019 continua a regalarci sorprese e senza ombra di dubbio il ritorno dei Nattfog è uno di quelli che più ci ha stupito, nonostante si stia parlando di una compilation. Pertanto niente di nuovo, nessuna innovazione o cambio di stile, i Nattfog continuano imperterriti sull’onda diabolica del culto misantropico cantando di miti del cosmo e leggende pagane, delle foreste e della morte, accompagnati dal loro classico black metal vecchia scuola, crudo, affilato ma sempre incondizionatamente melodico ed elegante come un lupo solitario che cammina con fervida rabbia tra le soffici e candide nevi. “Pohjan Porteilta” è però più di una semplice compilation: al suo interno racchiude riregistrazioni di brani provenienti dallo split del 2011 in compagnia dei Nekrokrist SS e altri brani dall’ep “Yön Varjoista…”dello scorso anno, ma il piatto forte sono i tre inediti (le prime tre tracce in scaletta) che non danno spazio a riflessioni di sorta su cosa possono essere oggi i Nattfog se non uno dei più graditi ritorni in campo discografico tra le band della terra dei laghi. Tastiere dall’incedere epico, mistico al limite del surreale, danno il via a “Night Of The Ancient Rites”, opener track e anche primo dei tre pezzi inediti, posti saggiamente in apertura del disco. I riff dannatamente heavy irrompono come un fulmine a ciel sereno e trasudano ciò che di più diabolico si può ottenere da uno strumento a sei corde, con una fortissima vena doom che rimanda addirittura ai nostrani Death SS dei loro primi imprescindibili album. Il riff portante, parte fondamentale di una qualsiasi composizione metal, è graffiante, pesante e incisivo e rimane in testa come una preghiera da ripetere più volte per farsi assolvere dai propri peccati. “Night Of The Ancient Rites” è una lunga traccia di sei minuti e mezzo che al primo ascolto si memorizza facilmente, grazie alle sue linee melodiche oscure e dannate, più tendenti all’horror che al pagan: un brano che da solo vale il prezzo del disco.
Tutto ciò potrebbe far pensare che la band finlandese abbia deciso di dare una sterzata al proprio stile, facendo quasi il verso alla storica horror metal band italiana per eccellenza o abbia stretto amicizia con i padovani Abhor, ma così non è e infatti la seguente “Tietäjä” ci riporta su lidi consueti, grazie al suo incedere tipicamente black old school di pura matrice finlandese, con linee di chitarra ben definite e melodiche che tessono passaggi nitidi attraverso un intricato bosco colmo di neve dal candore accecante. Accelerazioni e rallentamenti carichi di epicità pagana contraddistinguono ogni composizione dei Nattfog, che non si accontentano di fare il compitino proponendoci delle semplici, seppur buone, canzoni di puro pagan black metal, e la terza ed ultima traccia inedita, “Pohjan Porteilta”, è la conferma di questo: un blast lanciato a tutta velocità sorregge un riff marziale e dà spazio alle oscure liriche declamate dallo scream di Vulcan, che mantiene costantemente tonalità medie e si sposa alla perfezione con le atmosfere che la band evoca nelle sue composizioni. Da premio nobel per l’epicità il break a metà song, che ci fa piombare in pieno medioevo grazie agli inserti di strumenti folkloristici sempre usati in maniera impeccabile e mai fuori luogo. Da qui in poi quattro tracce già edite ma di difficile reperibilità, ora fruibili grazie a questa uscita edita dalla Purity Through Fire. Su tutte spicca la stupenda “Yöni Usvassa”, con un riff che da solo basta a farci venir voglia di prendere spada e scudo e andare a combattere in nome degli antichi dei pagani.
La musica di Nattfog continua a essere tuttavia caratterizzata dall’aggressività tipica del black metal oltranzista contrapposta alla delicatezza melodica delle tastiere e al misticismo che gli strumenti del folklore locale contribuiscono a donare. Com’è consuetudine nel pagan black metal, le sezioni melodiche di tastiere e strumenti alternativi sono nella maggior parte dei casi spinte sempre al massimo, divenendo in pratica il perno sul quale girano le composizioni, ma non è così nel caso dei Nattfog, perché questi strumenti vengono utilizzati con parsimonia e oculatezza senza mai arrivare al punto di risultare fastidiosi o addirittura sdolcinati e svolgono egregiamente la funzzione di abbellire e arricchire le composizioni. Le tastiere riescono a trasportare l’ascoltatore in un mondo dimenticato e i testi continuano a narrare la natura, la morte e il mondo ancestrale, senza mai tralasciare le tradizioni del folklore finlandese.
Di sicura e rilevante importanza in questo platter è la produzione che, a differenza delle prime uscite discografiche della band, ha suoni più potenti, con gli strumenti ottimamente definiti ed enfatizzati nei vari passaggi che compongono ogni brano, siano essi veloci, lenti, acustici o caratterizzati da arrangiamenti folk. “Pohjan Porteilta” risulta essere in fin dei conti un ep di inediti affiancati a brani riregistrati che dimostrano la coerente crescita della band negli anni e mettono in luce l’esponenziale maturazione compositiva dagli esordi a oggi. Valorizzato da un’ottima confezione, questo disco è un acquisto obbligatorio per chi è amante del black metal di matrice prettamente nordica con inserti di melodia.