La sempre più attenta ed attiva etichetta tedesca Purity Through Fire rilascia, in formato vinile ed in edizione limitata a 199 copie, questa nuova fatica di K.F.R, one man band creata nel 2013 dal parigino Maxime Taccardi, artista a tutto tondo forse più conosciuto in ambito estremo per aver disegnato moltissime e bellissime copertine (tra le quali, di recente, quella di “Morte” dei nostrani Malauriu) e per i dipinti realizzati con il suo stesso sangue (sì, avete capito bene!). A detta dello stesso Taccardi, il progetto K.F.R è una sorta di traduzione in forma sonora delle sue illustrazioni più oscure, e dunque dei suoi incubi più disturbanti, spesso intrisi di un alone occulto ed esoterico. In questo Taccardi è stato profondamente influenzato dall’idea di “gesamtkunstwerk”, sulla quale vale la pena spendere qualche parola, in modo da comprendere meglio il concept celato dietro la musica di questo folle transalpino. Il termine è traducibile in italiano come “opera d’arte totale” e fu usato per la prima volta dal filosofo tedesco K.F.E. Trahndorff nel 1827.
Il concetto fu poi sviluppato a più riprese in vari saggi da Richard Wagner, con riferimento all’arte teatrale dell’antica Grecia, ed inteso come un ideale di teatro caratterizzato dall’universalità e dalla perfetta sintesi tra diverse arti: musica, drammaturgia, coreutica, poesia ed arti figurative uniscono le proprie forze per costituire l’espressione più profonda dell’anima di un popolo. In seguito molti parlarono di una fusione idealizzata di tutte le arti, specie nell’ambito della musica e della pittura, tra gli altri Schönberg, Kandinskij e Klimt. Il compositore russo Aleksandr Skrjabin arrivò addiruttura a progettare, per l’esecuzione della sua opera “Prometeo o il poema del fuoco” del 1910, uno strumento musicale, il “clavier à lumières”, che ad ogni nota associava un colore ed un fascio di luce, che durante l’esecuzione avrebbe dovuto inondare la sala: estremamente in anticipo sui tempi, tanto che non fu possibile realizzarlo. Tornando a noi, Taccardi concepisce la sua arte totale, per quanto riguarda l’espressione musicale, come una fusione tra le oscure e disturbanti atmosfere del dark ambient più deviato e la violenza sonora del black metal più tagliente e ruvido, sulla scia della solida tradizione delle Black Legions francesi.
E non a caso infatti Meyhna’ch dei Mütiilation ha preso parte alla realizzazione degli albums “Anti” del 2014 e “Ad Manifestationem Diaboli” del 2018 e Vordb Na R.iidr dei Belkètre ha partecipato invece a “Ø” del 2016, precedenti manifestazioni della creatura K.F.R. Antireligioso nella sua essenza, il progetto K.F.R prende il proprio nome dalla parola araba “Kāfir” che, con una grande varietà di sfumature, indica colui che non crede nel dio islamico, quindi il “miscredente” o “infedele”, ed è inscritta sulla fronte del Dajjiāl, l’anticristo, il mentitore dalle pupille di diverso colore, che regnerà per quaranta giorni prima del giudizio universale. Dopo la prima quadrilogia di albums (l’esordio “Anti” ed i successivi “Death March”, “Nekro” e “Ø”), Taccardi riteneva di dover porre fine al progetto ma, dopo una pausa di circa due anni, si rese conto di avere ancora qualcosa da dire e diede alle stampe “Ad Manifestationem Diaboli” e “Par Le Sang”, entrambi pubblicati nel 2018 sotto l’egida della Purity Through Fire, dischi che segnarono un ulteriore passo in avanti nel reame del black metal più sporco, cacofonico e nauseabondo: coordinate stilistiche che vengono mantenute intatte in questa nuova incarnazione della creatura K.F.R, che esce in coppia con un altro full length, “L’Enfer À Sa Source”, segno di un’urgenza creativa debordante, che in questo caso si manifesta in modo spietatamente rumoroso, caotico e sgradevole perfino alle orecchie dei più accaniti maniaci del metallo estremo nelle sue forme più raw e grezze.
“Démonologue” è letteralmente una ferita aperta, un portale verso una dimensione di assoluta e completa oscurità, senza alcuna possibilità di ritorno. Il titolo è un neologismo, una sorta di gioco di parole tra “demone” e “monologo”: quindi, secondo Taccardi, una conversazione con te stesso, o meglio con i demoni che albergano dentro di te, nelle profondità recondite dell’animo, pronti a risvegliarsi quando se ne presentano le condizioni.
Ogni canzone è dedicata ad uno specifico demone, ciascuno legato al concept messo in musica da K.F.R: Asmodée, Azazel, Abaddon, Baal, Buer, Belzebùub e Lucifero. Una selezione parzialmente basata sul “Dictionnaire Infernal” scritto nei primi del XIX secolo dal filosofo ed occultista Jacques Collin De Plancy: ogni canzone deve essere intesa quindi anche come un’evocazione del demone al quale è dedicata. Dal punto di vista squisitamente musicale “Démonologue” è probabilmente l’opera più criptica ed arcana realizzata finora da Taccardi, che qui ci delizia con atmosfere davvero putride e sprazzi ambiental/ritualistici estremamente inquietanti, realizzati sia attraverso minimali note di synth (strumento comunque meno presente che in passato), sia attraverso cori mefistofelici, opera dello stesso Taccardi. La tendenza ad estremizzare la proposta fino a renderla pressoché inaccessibile è funzionale al disgusto e al disagio che Taccardi desidera che la propria musica trasmetta: e l’obiettivo può dirsi sicuramente raggiunto perché questo disco è un tributo alla malvagità più totale e sarà arduo reggerne l’intero ascolto per chiunque.
lnfatti la ferocia del black metal più scarno, incontaminato ed ostinato crea un muro sonoro impenetrabile e si unisce spesso a rallentamenti esasperati, vicini a certo funeral doom, con le corde della chitarra lentamente violentate, in passaggi che danno l’impressione di essere quasi improvvisati da un musicista letteralmente posseduto, ricchi di riverberi che amplificano la sensazione di angoscia e privano l’ascoltatore di qualsiasi punto di riferimento ritmico o melodico.
Se si volessero fare dei paragoni, per rendere l’idea di quello che si andrà ad ascoltare una volta messo il vinile sul piatto, si potrebbero utilmente chiamare in causa, da un lato, i Black Funeral, e dall’altro, realtà come Nortt e Sektarism, anche se la musica non-musica di K.F.R mantiene la propria folle e imprevedibile specificità. Le note sono profonde e striscianti ed il cantato è un gracchiare disperato ed incomprensibile, spesso in sottofondo rispetto al rumore creato dagli strumenti: il disco conserva per tutta la sua durata un andamento compatto ed omogeneo che ne esalta l’alone opprimente ed il picco di perversione si raggiunge con la doppietta finale dedicata al portatore di luce ed alla sua inesorabile caduta, degna conclusione di questa epopea maligna. Non vi resta quindi che spalancare le porte dell’inferno e lasciarvi inghiottire dalle fiamme.