“Tutti i viventi hanno la stessa sorte, dopo la vita incontrano la morte. Salve piccoli zombetti miei, maltrovati…”. Esordiva così il buon vecchio Zio Tibia negli anni tra il 1989 e il 1990, dando inizio a una delle puntate dell’amatissimo “Zio Tibia Picture Show” o più semplicemente “Il venerdì con Zio Tibia”, la trasmissione che andava in onda non appena finiva il Festivalbar o qualche altro show “per tutti”; i ragazzini venivano mandati a dormire e iniziava la notte vera, quella fatta di zombie, vampiri e terribili assassini assetati di sangue, tutti presentati dal più grande entertainer dell’orrore italiano, appunto lo Zio Tibia. Qui sopra, in realtà, abbiamo detto una bugia. Noi ragazzini lo amavamo, lo Zio Tibia e facevamo finta di andare a letto per poi sgattaiolare in sala e goderci lo spettacolo che metteva i brividi. Beh, in realtà facevamo così anche per Colpo Grosso, ma quella è un’altra storia. Questa volta il sinistro pupazzo che raffigura un vecchio con la faccia da Befana, coi capelli bianchi lunghi e con le dita tipo strega di Biancaneve, accompagnato dal cagnolino Golem e dall’assistente Astragalo, tuttavia non presenterà alcuna delle perle horror come “Venerdì 13”, “Feddy’s Nightmare” o anche “Brivido”, “Orrore a 33 Giri”, “Ammazzavampiri” e tutto il meglio dei classici horror di quegli anni, ma per la prima volta tra le pagine di Blackmetalistkrieg avrà come ospite i Tryglav, one man band croata al suo esordio discografico di lunga durata. Tryglav (per esattezza Triglav) non è nient’altro che una montagna della qui vicina Slovenia, il cui nome deriva da quello di un dio della mitologia slava. Essendo ospite sia del buon Zio Tibia che della nostra ‘zine, ovviamente il mastermind della band, al secolo Boris Behara, croato d’origine ma italiano d’adozione, non può suonare altro che del sano black metal come piace a noi, a fortissime tinte orrorifiche a rendere il tutto ancora più oscuro e inquietante. Nato nel 2018, questo progetto, che si avvale di un singer, Morbid, il quale ha egregiamente cantato tutte le parti vocali scritte da Boris, è completamente frutto della sua mente malata, che è rimasta bloccata in un immaginario sinistro e paranormale di trent’anni fa, come se fosse intrappolata tra gli stilemi dettati da registi di culto come Carpenter, Raimi, Rosenthal, Holland e chi più ne ha più ne metta: e lui in questi perversi mondi paralleli sembra sguazzarci come un vampiro nel sangue.
Niente temi pagani, satanismo, politica di estrema destra o amenità del genere; i Tryglav narrano la scuola classica horror anni ottanta prendendo spunto da quei capolavori che appunto allietavano le nostre notti adolescenziali, come “La Cosa”, “Evil Dead”, “La mosca” e la saga di “Venerdi 13”, senza prendere troppo sul serio le liriche ma donandogli quel flavour dannatamente oscuro che aleggia su tutto il disco, creando costantemente un alone di mistero canzone dopo canzone. Una cover art pazzesca e di altri tempi è il biglietto da visita della band: una carrozza che attende sinistramente in un cimitero e ricorda, neppur troppo vagamente, quelle opere d’arte sulle copertine di ”Abigail” e “The Somberlain”. Come recita il famoso detto, “chi ben comincia è a metà dell’opera”: non possiamo quindi far altro che mettere da parte lo Zio Tibia e far parlare Boris Behara e la sua opera formata da sette atti intrisi di sangue, pipistrelli, gatti neri e belle donne dal lungo collo pronto per essere morso. Il disco parte subito alla stragrande e una furia di blast prende il sopravvento come una tempesta che ci coglie all’improvviso: “Under My Skin” è uno dei pezzi più feroci del disco, come un serial killer che non conosce pietà e, senza grazia, taglia teste a destra e a manca. Il pezzo, paradossalmente, è forse il più black della saga horror del nostro caro Boris, dove pure la melodia, costantemente presente in ogni altra traccia del disco, viene un pò messa da parte, trattandosi di un brano di soli tre minuti dedicati quasi esclusivamente al massacro. Già nella titletrack però prendono il sopravvento le atmosfere plumbee e la componente emotiva, già evocate dalla splendida copertina: un’intro classicamente metal dà spazio a un blast più ragionato, con bellissimi riff di matrice svedese, che donano melodia e dinamica a un pezzo che, grazie anche ai vari cambi di tempo, risulta dannatamente atmosferico.
“Night Of Whispering Souls”, come intuibile, è un disco atipico per il genere, un insieme di ispirazioni cinematografiche e musicali che l’artista ha messo insieme in tutti questi anni di dedizione alla causa del metallo oscuro, mescolandole per bene come un bravo stregone fa con le sue pozioni, per tirarne fuori sette inni grotteschi che vivono di vita propria. Come ad esempio “Deadline”, uno dei migliori pezzi del lotto, che narra una storia scritta dallo stesso Behara: un mid tempo ossessivo e melodico che ci fa piombare dentro un piccolo tubo catodico di altri tempi, con un retrogusto gotico, così come “Creature Of The Night”, la song più particolare e forse più bella del disco, che unisce in maniera egregia un riffing classicamente rock, tipico delle colonne sonore di qualche horror cult movie, con un connotato black in tremolo picking mai eccessivo o invasivo, che lascia spazio a un riff roccioso in palm mute e una linea vocale che viaggia tra il classic metal e quel che fu l’horror punk di scuola Misfits. Senza esagerare, questo esperimento vale l’acquisto del disco. Fare un track by track risulterebbe oltremodo limitativo e accademico, pertanto è corretto dire semplicemente che questo debut album dei Trglav è ciò che di meglio ci si può aspettare da un debutto in quanto contiene, oltre che dell’ottimo black metal, inteso nel più ampio senso del termine, del classico heavy metal anni ottanta, atmosfere dark e horror, ma soprattutto tanta passione e abnegazione da parte di un’artista che con impegno, sacrificio e dedizione, ha coronato il malsano sogno di dare la luce alla sua bestia a sette teste. Merita un appunto l’ottima produzione (il disco è stato registrato nel personalissimo studio dell’artista e viene distribuito dall’etichetta Extreme Metal Music / Rockshot Records), che dona valore a ogni composizione. Molto buona è anche la performance del mastermind, preciso e impeccabile dietro le pelli e, nella sua semplicità, dannatamente efficace, senza orpelli o virtuosismi che sarebbero risultati inutili all’economia del disco. Chiunque ami il black metal o l’heavy metal classico dia una chance questo disco perché è pure grazie ad artisti così che la fiamma nera del metallo continuerà ad ardere e noi vampiri potremmo continuare a mordere il collo di belle donzelle e deliziarci del loro sangue caldo.