Stillness è una one man band italiana, dietro la quale si nasconde il mastermind L., già nei depressive black metallers EmptyLife come Apathy L. Attivo dal 2013 il progetto ha alle spalle già tre lavori sulla lunga distanza ed una manciata di ep: una discografia quindi già piuttosto nutrita, che sfocia nella pubblicazione di questo quarto full length, sotto l’egida dell’etichetta nostrana This Winter Will Last Forever. “Glory Of The Nord” è un disco epico, che fa della magniloquenza della narrazione musicale e delle atmosfere tragiche e drammatiche i propri maggiori punti di forza, senza nascondersi dietro chissà quali pretese di innovazione ma anzi tributando onestamente i propri numi tutelari: una genuinità di fondo che fortunatamente sgombra il campo da qualunque presunzione e rende immediatamente apprezzabile l’ascolto. Infatti, leggendo il libretto, spartano ma comunque professionale, che accompagna il cd, vediamo citati tra i ringraziamenti alcuni gruppi che (la cosa ci sarà istantaneamente chiara dopo aver premuto il tasto play del nostro lettore) hanno rappresentato delle indiscutibili fonti di ispirazione per il nostro L. durante la composizione di questo disco, ovvero Manowar, Skálmöld, Sojourner e Caladan Brood. Possiamo quindi già farci un’idea piuttosto precisa di quello che andremo ad ascoltare, anche se in realtà manca forse il riferimento più evidente: i Summoning e specialmente quelli più solenni ed eroici di dischi come “Let The Mortal Heroes Sing Your Fame” e “Oath Bound”.
Da questi lavori della band di Silenius e Protector il nostro L. infatti riprende molte cose, dal piglio fieramente epico e carico di pathos delle composizioni, all’uso dei synth come strumento principale che delinea la struttura dei pezzi, all’utilizzo di cori in clean vocals grandiosi e suggestivi. Tutti elementi che appaiono con ripetuta frequenza in questo “Glory Of The Nord”, dove la musica è accompagnata da testi che raccontano di guerre, miti e leggende e rievocano un certo tipo di immaginario che certamente non dispiacerebbe ai cultori di Tolkien e più in generale della letteratura fantasy. Come dicevo questo tipo di soluzioni viene adottata per la totalità del disco, che quindi finisce per risultare abbastanza prevedibile nel suo sviluppo complessivo, purtroppo non sempre sostenuto da un’ispirazione costante. Altro elemento a mio giudizio ridondante è l’uso esclusivo delle clean vocals, non solo nei cori ma anche nelle strofe, che spesso finiscono per assomigliare pericolosamente a monocordi e poco espressive parti narrate.
Questi sono in realtà i principali difetti, insieme alla produzione, che forse avrebbe potuto essere più pulita e potente (ma bisognerebbe verificare i mezzi tecnici effettivamente a disposizione) di una release che in ogni caso, a conti fatti, risulta piacevole e a tratti persino coinvolgente, specie nella sua parte iniziale, che mi è sembrata più fresca rispetto ad una seconda metà del disco più faticosa e claudicante. In particolare l’introduzione tastieristica “Nord”, che in qualche modo mi ha ricordato la funesta ed epica glacialità della celeberrima “Frost” degli Enslaved (intro dell’omonimo album del 1994), è un’ottimo viatico per le successive “Hymn” e “A Last Burning Dawn”, a mio giudizio i pezzi migliori del lotto, costruiti su note semplici ed una sezione ritmica lineare, in grado però di dare corpo con efficacia ad atmosfere sognanti e rarefatte, malinconiche e cariche di nobile disperazione. In conclusione “Glory Of The Nord” è un lavoro comunque apprezzabile sotto diversi punti di vista: se volete scoprire una realtà underground tricolore, che esalta il lato fantasy-guerresco di certa musica estrema, senza tuttavia tralasciare squarci più intimisti ed introspettivi, a tratti ai confini tra black metal atmosferico e dark dungeon music, allora un ascolto è certamente consigliato.