L’estate è a pieno regime e con la classica sfortuna, tipica di una domenica di luglio, ti si rompe il condizionatore: cosa puoi fare? Come ovviare al problema con la fronte grondante di sudore e la birra che si riscalda in 22 secondi non appena tolta dal frigorifero? La risposta è semplice: prendere tra i promo in attesa di recensione la seconda fatica dei finlandesi Sarastus, che in un batter d’occhio refrigera la casa, abbassando la temperatura da 35 gradi a -4 con alci, renne, gnomi e folletti che invadono il salotto con fare giocoso ma inquietante. I ragazzacci di Oulu, qui al secondo full length (ad aprile è seguito un ep dal titolo “The Deceased Dwell In Darkness”), non sono amanti di sonorità innovative, non leggono i giornali, non guardano la televisione e non si tengono informati su ciò che li circonda. In parole povere non gliene frega nulla di seguire mode o strizzare l’occhio al mercato utilizzando soluzioni stilistiche che siano più appetibili all’utenza odierna. Vardøger, mastermind della band è un tipo piuttosto riservato, che ha deciso di dedicare le sue energie al più classico e canonico black metal di stampo finlandese e lo fa in maniera davvero egregia seguendo gli stilemi più puri del genere. “Enter The Necropolis” non è una sorpresa e suona come il naturale proseguimento del debut album “II – Toinen Tuleminen”, anche se uno spiraglio di luce innovativa c’è: l’utilizzo della lingua inglese per i testi, a discapito della più indecifrabile, ma al contempo affascinante e caratteristica lingua madre.
Per quanto riguarda l’approccio al black metal di questi quaranta minuti scarsi di massacro è il medesimo del disco precedente, anche se qui troviamo una presa di coscienza maggiore circa le proprie potenzialità e una produzione leggermente più raw e “in your face”. Però se premi il tasto play sai già a cosa vai incontro: sfuriate in blast beats, mid tempos più marziali orientati all’evocazione di qualche divinità dimenticata in una foresta innevata, uragani pregni di odio verso il cristianesimo e tanto amore per l’epicità. Ciò che balza subito all’orecchio è il grande equilibrio nella tracklist, con l’alternarsi tra pezzi più marcatamente black ed altri più incentrati su ritmiche heavy, senza mai perdere di vista le linee melodiche che le chitarre tessono secondo dopo secondo, regalando al lavoro un’atmosfera epica e solenne senza l’ausilio di tastiere o strumenti folk. Caratteristiche che troviamo già tutte nella title track posta come opener che, dopo una breve e sinistra intro, ci accoglie con una bordata di blast, inferociti e le classiche melodie tipiche delle terre finlandesi, pregne di tristezza e malinconia, segnando il marchio di fabbrica di tutto il platter. Il disco suona nel complesso quadrato e furioso, con lo scream del neo entrato Revenant a farla da padrone, a tratti persino un po’ troppo in evidenza rispetto agli strumenti. Tuttavia la band dà il meglio di sé in quei pezzi dove la velocità cala e i tempi vengono cadenzati a discapito della più pura brutalità. In “A Prayer To The Void”, così come in “With Hate And Flaming Visions” o “Demonic Reflections”, la band rallenta il ritmo, dando maggiore enfasi ai toni epici e guerrafondai anziché puntare tutto sulla corsa inferocita, riuscendo a dare maggior sfogo alle proprie capacità compositive.
Nulla da dire però anche sui pezzi più canonici, come la title track, che oltre ad essere caratterizzati dal tipico sound finnico, vengono caricate di un impulso emotivo che trasuda disperazione e drammaticità risultando quindi del tutto convincenti. Una cosa però è certa: un disco come questo, al netto della qualità compositiva ed esecutiva della band, non si sa quanto possa essere longevo, considerata la sua eccessiva derivazione e aderenza rispetto a dischi sentiti e risentiti da almeno vent’anni a questa parte. Da sottolineare è senz’altro la coerenza della gruppo alle proprie radici e ad un sound che viene riproposto con bravura ma senza particolari sussulti. Un disco consigliato assolutamente (ma esclusivamente) agli amanti del finnish black più classico o a chi ama le sonorità oscure che non disdegnano continui sprazzi di melodia.