Cosa unisce le due belle città di Padova e Genova? Così su due piedi potremo dire nulla, anche se la storia del nostro Paese è talmente intricata e vasta che non basterebbero tre vite per conoscerla a fondo e probabilmente tempi addietro queste due città d’arte avranno avuto anche qualche speciale unione ma, tornando ai giorni nostri, un legame esiste ed è questa nuova uscita discografica della Iron Bonhead Productions, in formato split 12”, che vede protagonisti i patavini Abhor e i genovesi Abysmal Grief. Due storiche band italiche che basano il loro sound, la prima sulle radici di un primordiale black metal e la seconda su un più classico doom, con il minimo comun denominatore rappresentato per entrambe dalla tendenza occulta e oscura di musica e tematiche. Non ho mai amato il formato split perché è vero che riesce a mettere in mostra due o più band nello stesso contesto ma al contempo non riesce a dare una dettagliata descrizione delle vere caratteristiche e potenzialità della proposta dei vari gruppi, lasciando spesso e volentieri l’ascoltatore col dubbio.
Questo “Legione Occulta / Ministerium Diaboli” è un prodotto che tuttavia va oltre le aspettative sotto vari aspetti e alla fine dell’ascolto non può che lasciare pienamente soddisfatti. Entrambe le band nel 2018 hanno fatto irruzione sul mercato con gli ottimi “Occulta ReligiO” e “Blasphema Secta” e questo split non fa altro che proseguire sulle orme di questi lavori.
Gli Abhor propongono due pezzi che ci fanno piombare a piè pari negli inferi: la strada percorsa dai padovani è la medesima dell’ultimo full length, anche se in questo caso alcuni aspetti della loro musica vengono ulteriormente enfatizzati. “Legione Occulta” è uno dei brani più demoniaci che i veneti abbiano mai scritto, nel quale viene esaltato l’aspetto più doom, esoterico e satanico del loro sound: un riff marziale, epico e lento, cadenzato come i rintocchi di campana a morto lascia spazio alle vocals oscure e sempre ben dosate di Ulfhedhnir, sottolineate da un tappeto di doppia cassa accompagnato da tastiere e spezzoni registrati di voci in lingua italiana che riportano un esorcismo sicuramente non andato a buon fine, tra insulti e affermazioni di esistenze demoniache. Il brano, che si articola in sei minuti di viaggio nei meandri più oscuri della mente umana, vale di per sè l’acquisto del dischetto, tanto è il pathos che riesce a creare e le atmosfere malsane e funeree nelle quali fa piombare l’ascoltatore. D’altro canto “Possession Obsession” rappresenta il volto più black in senso stretto degli Abhor: infatti qui, dopo un’intro classicamente doom di scuola italica, le atmosfere si fanno meno plumbee in favore di riff più taglienti e graffianti, ruvidi e low-fi, avvolgenti come le fiamme dell’inferno e che all’improvviso lasciano spazio ad un tremolo old school ed esplodono in blast beat freddi come le lapidi di un cimitero abbandonato, trascinandoci direttamente in una spirale satanica di violenza psicologica. Se queste sono le basi del prossimo studio album della band non possiamo che aspettare con impazienza il prossimo lavoro che i nostri faranno uscire sul mercato.
Dal canto loro i genovesi Abysmal Grief ribattono con un’unica e lunga song di oltre tredici minuti, che sintetizza il loro sound tipicamente doom, oscuro e mefistofelico, a tratti accostabile a quelle colonne sonore horror di bassa lega ma terrorizzanti e ricche di vibrazioni negative. “Ministerium Diaboli” è un trip ultraterreno che fa calare lo sciagurato ascoltatore nelle tenebre grazie a una lunga e occulta intro di synth, che dura otto minuti abbondanti, per poi sfociare nel classico riffing della band, che non lascia prigionieri: una messa nera metal che farebbe muovere all’unisono orde di zombie in putrefazione.
L’elemento grafico, fondamentale per questo tipo di release, è di qualità elevatissima e totalmente in tema con le proposte funeree delle due band. Sul lato A degli Abhor vediamo una donna che piange sangue, con tanto di stigmate e un sobrio cristo rovesciato mentre sul lato B degli Abysmal Grife una simpatica statuetta di Gesù bambino decapitata: tutto nella norma insomma.
Al contempo la produzione è ciò che di meglio si possa chiedere per una proposta così underground e occulta: suoni potenti ma non pomposi, nitidi ma comunque vecchia scuola. Di solito non sono propenso a dare voti alti a questo tipo di formato discografico ma in questo caso lo strappo alla regola si può fare perchè questo split è una vera e propria manna dal cielo per tutti gli amanti del nero e di tutto ciò che sta “dall’altra parte”.