Delirium Tremens. Che non è solo il nome dell’ottima birra che sto bevendo da una settimana in Belgio ma anche la sindrome patologica causata dall’ascolto prolungato di questo disco. È un mese che mi perseguita, a tratti mi fa schifo, delle volte mi sembra ottimo e la verità sta come al solito nel mezzo. Se chiedete in giro, pochissimi sanno chi sono i grinder americani, ed è un peccato, primo perchè questo è il loro quinto album in studio e poi perchè la loro proposta musicale è velocissima, tesa fino allo spasimo, morbosa ed incasinata da far paura: i P.L.F. sono i P.L.F., nel bene e nel male. Reduci dal precedente full length “Ultimate Whirlwind Of Incineration”, pubblicato cinque anni fa, hanno rinnovato la propria formazione con l’entrata in squadra dell’ottimo batterista Bryan Fajardo (Gridlink, ex Phobia e Kill The Client), che ha alzato ancora di più il tiro della band texana: provate a fare un mix di Kreator, Terrorizer ed una vecchia gloria a caso scelta da voi del panorama thrash anni ‘80/’90 (Dark Angel? Nuclear Assault?) ed avrete la giusta formula matematica che fa dei P.L.F. un preciso cazzotto nello stomaco.
Inutile che vi parli dei singoli pezzi di quest’album perchè sono irriconoscibili, il disco va ascoltato tutto d’un fiato ma, fidatevi, che dopo il lato A vi verrà una gran voglia di spaccare tutto e dare fuoco alla macchina del vicino. La carneficina si materializza già a partire dall’ottimo artwork completamente disegnato da Daniel Shaw, una di quelle copertine fighe anni ‘80 disegnate a mano come le migliori tavole da skate, e poi per venti minuti solo blast beats e break al fulmicotone.
Lasciatevi asfaltare da Dave Callier e compagni, non rimarrete delusi.