Bhleg – Äril

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È un black metal atmosferico dalle forti tinte paganeggianti quello proposto dagli svedesi Bhleg, duo composto da Ludvig Andersson e Simon Johansson, con alle spalle già due lavori sulla lunga distanza e precisamente “Draumr Ást” del 2014 e “Solarmegin” del 2018 (quest’ultimo un poderoso doppio album di oltre un’ora e mezza di durata), entrambi distribuiti dalla connazionale Nordvis Produktion e basati su un concept legato a doppio filo alla cosmogonia tradizionale scandinava, alle antiche religioni e ad un sentimento di immersione panica nella natura. La Nordvis Produktion produce anche questo nuovo ep (quest’anno per la stessa etichetta è uscito anche uno split in compagnia degli statunitensi Nechochwen), che prosegue il percorso lirico e musicale intrapreso dalla band fin dal suo esordio, senza particolari sconvolgimenti ma confermando quanto di buono fatto dai nostri finora. Il black metal dei Bhleg è decisamente canonico e affonda le sue radici nella più classica scuola scandinava della prima metà degli anni novanta, eppure riesce a trovare una propria forma di espressione personale e una propria specificità, laddove, ad un riffing sicuramente noto e in gran parte perfino derivativo, unisce tuttavia squarci folk/pagan molto evocativi e dal sapore arcano e misterioso, catturando in musica attimi di puro misticismo ancestrale: e mentre il precedente “Solarmegin” era incentrato sul culto del sole, il momento che questo lavoro tenta di descrivere è la fine dell’estate, quando i raggi dell’astro che illumina e dà energia alla terra si spengono e tutto si affievolisce nei colori tenui dell’autunno, la vita si avvia verso il letargo invernale ma la fiamma resta accesa, pronta a conservare il riflesso della luce solare nell’infinito ciclo delle stagioni.

I Bhleg si affidano a linee di chitarra molto minimali ed ossessive, a tratti perfino monotone, per accompagnare l’ascoltatore in uno stato quasi ipnotico che favorisce la meditazione e l’introspezione. Ed ecco che si percepiscono quindi facilmente nella musica dei nostri evidenti richiami ai primi Darkthrone ed ancora di più a gruppi come Arckanum e Burzum, richiami stemperati da molti inserti e diversificazioni che rendono indubbiamente interessante l’approccio dei Bhleg alla materia black, altrimenti prevedibile: chitarre acustiche che fanno la loro comparsa quasi in punta di piedi, brevi interludi di pianoforte che sottolineano alcuni passaggi melodici, cori in semi-clean vocals insistiti e dal sapore quasi ieratico, passaggi dove si fa sentire maggiormente un certo piglio tribale comunque sempre presente nella proposta della band svedese, tutti elementi che mi hanno in qualche modo ricordato quel capolavoro degli Ulver che risponde al nome di “Bergtatt”. Si tratta forse di piccole variazioni sul tema, in grado però di tenere sempre desta l’attenzione dell’ascoltatore, che diversamente potrebbe perdersi, come avveniva ad esempio nel caso dell’album precedente, anche e soprattutto a causa dell’eccessiva durata che lo rendeva effettivamente un po’ dispersivo.

Qui questo pericolo è scongiurato e le idee messe in musica dai Bhleg riescono a concentrarsi in un tempo ridotto, risultando così decisamente più efficaci, come avviene specialmente nella lunga opener “Vittra Och Dö” (di quasi un quarto d’ora di durata), davvero molto poetica e malinconica e suggestiva summa dell’attuale stato di forma del gruppo, mentre gli altri due episodi si attestano su un livello qualitativo leggermente inferiore. Se amate questo genere di sonorità, date senza indugio un ascolto a questa nuova fatica dei Bhleg, band che forse non risulterà originalissima ma che riesce ad amalgamare bene diverse sensazioni ed emozioni, unendo con naturalezza e senza eccessive forzature la violenza spasmodica del black metal alla cupa tristezza del pagan più sofferto.