A distanza di un anno esatto dalla pubblicazione del primo disco, il quartetto finnico torna alla ribalta col suo secondo full length di classico black metal oltranzista e primitivo che non conosce compromessi. C’era bisogno dell’ennesimo platter che ripercorre pedissequamente lo schema di altri migliaia di dischi dello stesso genere? La risposta è no, ma in questo caso, visto che il disco in questione è suonato con rabbia primordiale, ossessione misantropica e palese odio nei confronti dell’umanità, allora forse si potrebbe fare un’eccezione. Nulla di nuovo all’interno di queste otto tracce, che ci bombardano con una mezz’ora di malsano e scarno metallo nero, se non un approccio ancora più becero e spartano, che mostra una band ancora più scarna negli arrangiamenti e quasi completamente priva di quella vena malinconica tipica del sound finlandese, presente soltanto in un paio di pezzi, intenta invece a rifilarci uno dopo l’altro proiettili in grado di ferire mortalmente chiunque. In “Kuoleman Portit” regna il caos mentre le armonizzazioni e le melodie vengono relegate in soffitta. L’approccio è al limite del punk come attitudine: grandi riff basici ma dannatamente efficaci si mischiano ripetutamente ad up tempos e alle vocals del singer Void, capace di una grande prestazione dietro il microfono, se non per tecnica, quanto meno per l’impatto. Non si tratta di un passo indietro o di un cambiamento drastico per la band rispetto al debutto “Tulen Valtakunta”; preferiamo definirlo piuttosto come una presa di coscienza e una spiccata voglia di prendere a calci nel culo tutti quanti, fregandosene delle mode e suonando quello che aggrada. Il disco tra le nostre mani infatti è un concentrato di adrenalina, headbanging e satanismo che, nota dopo nota, fa venire voglia di adorare il maligno e bere litri e litri di birra con arroganza. La prima cosa che balza alle orecchie è la genuinità del prodotto, che vanta una produzione elementare ma al contempo potente e sufficientemente pulita, che consente ad ogni strumento di farsi valere senza mai prevalere del tutto sugli altri.
La prestazione del nostro quartetto tutto pelle, borchie e trucco malvagio è sufficiente ma i limiti tecnici si palesano minuto dopo minuto, in otto tracce che si somigliano molto in quanto a riff, stacchi, dinamica e linee vocali. Se ti piace una canzone allora ti piacciono tutte (e viceversa). E se l’opener “Sielun Tuhkaa” è un autentico attacco frontale carico di ignoranza, la seguente “Ikisodan Hurmo” si distingue per una maggiore inclinazione a seguire le più classiche direttive della scuola finnica, grazie a linee melodiche più marcate e all’enfatizzazione di atmosfere malinconiche e oscure.
Ma non preoccupatevi, a riportarvi sulla retta via della blasfemia e della maleducazione ci pensano in un batter d’occhio “Virran Viemä, Tulen Tuoma” (in italiano “potenza, fuoco”), “Soihdunkantaja” e “Ruoska” (“frusta”), che hanno tutte un attacco in up tempo praticamente identico (e per identico intendo davvero identico!), con un riffing rabbioso dal sapore punk/hard rock ed una buona prova vocale, che non lesina odio e potenza, grazie ad urla portate sempre al limite, vero valore aggiunto del disco. Anche se sin qui abbiamo parlato di un attacco missilistico, c’è da dire che pure i Shadow’s Mortuary hanno un cuore e ce lo dimostrano con le due tracce più ragionate che, guarda caso, sono quelle più lente e cadenzate, dove i cambi di tempo sono più frequenti senza tuttavia perdere mai di vista l’impatto da headbanging, obiettivo principe di tutto il disco.
“Riipus” e la conclusiva “Ouroboros” ci presentano la band al meglio, riuscendo a spezzare l’andamento totalmente sanguinario del disco grazie a costanti rallentamenti e a un utilizzo più spiccato di melodie oscure e deprimenti, con un Void però sempre più sugli scudi a fare il diavolo a quattro su liriche rigorosamente in lingua madre. “Kuoleman Portit” è chaos allo stato puro ma sempre controllato e mai confusionario. Ci presenta una band giovane che, al secondo disco, forse deve ancora trovare la sua vera vocazione o la classica quadratura del cerchio. Il black metal ottuso e minimale dalle forti tinte rock nelle trame dei riff e i fill di batteria un pò troppo simili tra loro posizionano oggi la band nel limbo del “vorrei ma non posso”, ma ciò non toglie che, se ci si vuole divertire o fare del sano e ubriaco headbanging con killer songs dalle melodie abbastanza easy che rimangono in testa al secondo ascolto, questo sia il disco adatto a voi.