Probabilmente quello dei Darvulia non sarà un nome del tutto sconosciuto a quanti frequentano i più reconditi anfratti dell’underground black transalpino. Il progetto prende il nome da una strega ungherese chiamata Anna Darvulia (apparentemente una serva della ben più nota Elizabeth Bathory, con l’aspetto classico della strega delle favole per bambini: molto vecchia, irascibile e sempre circondata da una torma di gatti neri), nasce nel 1999 e si pone immediatamente nella frangia più intransigente e conservatrice della scena francese, restia a qualunque tipo di compromesso o esposizione mediatica e tesa a custodire gelosamente quella che viene intesa come l’attitudine, musicale e non, del true black metal oltranzista delle origini, sulla scia delle famigerate Black Legions e successivamente di gruppi tutti d’un pezzo come Blessed In Sin, Bekhira, Seigneur Voland, Hirilorn, Winter Funeral e primi Seth, per poi inglobare nel proprio songwriting anche influenze leggermente diverse, vagamente accostabili alla corrente del così detto “religious black metal” in lavori più tardi, come il buon “Mysticisme Macabre”. La band si è sciolta definitivamente nel 2015 e questo “Acte Dix: Démos”, che esce in formato vinile 12” e in edizione limitata a 250 copie, grazie all’opera della piccola ma molto attiva etichetta spagnola Nebular Carcoma, è uno sguardo verso il passato, una retrospettiva che recupera le prime demo dei nostri e quindi quel sound nudo e crudo, viscerale e gelido che li caratterizzava agli esordi, figlio diretto e fedele dei Darkthrone (e infatti la cover del classico “The Dance Of Eternal Shadows”, tratta dall’imprescindibile “Under A Funeral Moon”, non è certo casuale).
Un sound che, come detto, la band ha mantenuto sostanzialmente costante nel corso di tutta la propria carriera, al netto di qualche lieve variazione, e che in quest’occasione esalta, forse in maniera ancora più netta ed evidente di quanto accadrà nei successivi lavori sulla lunga distanza (“L’Ombre Malicieuse” e “L’Alliance Des Venins”, rispettivamente del 2002 e del 2005), quel putrido fetore tipico del black metal più sotterraneo, suonato e registrato tra le umide pareti di uno scantinato, dove non filtra un raggio di luce nemmeno in pieno agosto.
I pezzi compresi in questa raccolta sono quelli originariamente contenuti nelle demo “Shabattu, Danse Lunaire” del 2001 e “L’Odeur Du Corbeu Mort” del 2002, oltre all’aggiunta della già citata cover dei Darlthrone. Si tratta di canzoni grezze e disadorne, caratterizzate dal classico riffing semplice e zanzaroso, che tuttavia nasconde, in un paesaggio sonoro desolato ed opprimente, trame anche raffinate e sinistre melodie, che riescono inevitabilmente a catturare l’attenzione dell’ascoltatore più affezionato a questo genere di sonorità.
I riferimenti ai vari Mutiilation, Belketre e Vlad Tepes sono molteplici, evidenti e facilmente percepibili (e i Darvulia non vogliono certo nasconderli in nessun modo) ma, nonostante l’assoluta aderenza ad un certo tipo di sound ormai ampiamente codificato, i nostri riescono comunque a costruire atmosfere lugubri e insinuanti, malinconiche e vampiriche, di una certa efficacia (su tutte cito la più cadenzata e perversa “Mauvais Temps”, a mio giudizio il brano migliore del lotto).
Senza tanti fronzoli e senza inventare assolutamente nulla, i Darvulia suonano ciò che è loro più congeniale e prendono sdegnosamente e orgogliosamente le distanze da tutto ciò che non considerano “vero” black metal.
Vale comunque la pena (anche perché la registrazione non è così amatoriale ed approssimativa come si potrebbe pensare) di respirare il pungente odore della morte che esala da questi due cadaveri riesumati per l’occasione, alla riscoperta di un piccolo pezzo di storia recente della scena d’oltralpe più nascosta, facendosi un bel tuffo nel passato, magari con un po’ di nostalgia.