Barbarian Swords – Totemic Anal Turbofucker

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Rotten, blasphemous, heralds of the most vicious nihilism and exacerbated misanthropy“. Con queste dolci paroline si presentano al pubblico gli spagnoli (per la precisione catalani) Barbarian Swords, gruppo attivo dal 2011 che ha esordito sulla scena underground con una mistura perversa e decisamente estrema tra oscurissimo black metal e doom catacombale, come appare evidente nel loro full length di debutto del 2014 “Hunting Rats” e ancora di più nel suo successore del 2016 “Worms”, album nel quale, accanto a pezzi di devastante pesantezza come “Requiem” e “Ultrasado Bloodbath”, facevano capolino anche episodi più veloci e bastardi, come la più metallosa “The Last Virgin On The Earth, Sodomized” e la ruvidissima e punkeggiante “Carnivorous Pussy”. Queste influenze, in quell’occasione trattenute e relegate a parentesi tutto sommato brevi in un disco che si muove come un pachiderma imprigionato in una palude di sabbie mobili, oggi prendono il sopravvento in modo deciso e diventano le assolute protagoniste di questo nuovo “Totemic Anal Turbofucker”, che vede la luce sotto l’egida della sempre attivissima Third-I-Rex, etichetta davvero infaticabile nello scovare e promuovere bands interessanti, quasi tutte particolari, strane, folli e malate. Non sfuggono a questa costante neppure i nostri cinque amici iberici che, dopo aver dato la caccia ai topi e aver schiacciato i vermi (umani), se ne escono con un lavoro violentissimo, graffiante come carta vetrata, che scorticherà a dovere le orecchie del malcapitato ed incauto ascoltatore.

Pezzi brevissimi (a parte la conclusiva e più strutturata title track, che è l’unica canzone a recuperare in parte qualche suggestione proveniente dal recente passato, tutti gli altri brani si attestano in media intorno ai due-tre minuti di durata, o poco più), che volano come proiettili impazziti e si conficcano nella carne e nel cervello: chitarre raschianti ed isteriche, impegnate a macinare rumore scivolando spesso e volentieri in territori crust e grind ma senza mai perdere di vista le radici di un sound che resta sempre e comunque ben ancorato ad un’insana matrice black; una batteria che esplode in blast beats serratissimi e deflagranti come un susseguirsi di esplosioni nucleari senza soluzione di continuità e senza concedere un attimo di respiro; un cantato che è un urlo devastante e filtratissimo, la voce di una bestia ferita che arranca in un panorama di distruzione post-apocalittica.

Un bel quadretto insomma, ulteriormente arricchito da un approccio lirico ferocemente (ed ingenuamente) anticristiano ed in particolare anticattolico, che segna un tratto di continuità con le precedenti opere del gruppo, laddove invece, come detto, la musica è molto differente: e per comprendere quanto i nostri abbiano in antipatia la chiesa di Roma ed i suoi rituali è sufficiente l’accoppiata iniziale, formata da un’intro, che non è nient’altro che un piccolo estratto della messa, coperto da rumori inquietanti e voci distorte, che viene ben presto spazzata via dall’attacco distruttivo dell’esplicita “How To Destroy Christianism”.

Da lì in poi è un succedersi di coltellate allo stomaco, una più mortale dell’altra, in bilico tra la furia iconoclasta dei primi Impaled Nazarene, l’incontrollata e morbosa depravazione dei migliori Sadistik Exekution, con qualcosa che potrebbe rimandare, qua e là a livello di riffing, anche agli Anal Nathrakh meno complicati, recuperando pure in alcuni passaggi diverse suggestioni provenienti dagli anni ottanta più estremi. Una bella esplosione di sporcizia sonora e rabbia incontrollata quindi, che mette in mostra un lato della musica dei Barbarian Swords che fin’ora era rimasto in ombra e che fa il paio con la fangosa lentezza dei primi lavori, regalandoci un’efficace rappresentazione del disagio a colpi di distorsioni e deliri vari. Se siete irrimediabilmente incazzati contro il mondo, “Totemic Anal Turbofucker” è un album da ascoltare tutto d’un fiato, complice anche l’esigua durata: non vi farà stare meglio ma vi garantirà un qualche sfogo. Con l’unica controindicazione che potrebbe trattarsi di un ascolto non troppo longevo.