Gli inglesi Ùlfarr in questi ultimi anni si sono costruiti la fama di band di culto nel Regno Unito, grazie al loro iconico status anonimo e oscuro e proponendo un black metal classico che più classico non si può. Questa è la forza della band di Cumbria che con questo nuovo ep “Hate & Terror-The Rise Of Pure Evil”, tra live album, demo e split, giunge alla settima release in poco meno di dieci anni. Un sobrio face painting con addobbi di pelle e borchie rappresenta l’originalissimo outfit di questo duo dalle misteriose generalità che ci propone un black metal dalle fortissime venature old school, che spaziano tra ciò che di più sporco e becero regnava negli anni ottanta (sanissimo thrash misto a infarinature di punk n’roll) e soprattutto quel black metal che a inizio anni novanta riempiva i padiglioni auricolari di tanti ragazzini nord europei. Sei tracce intitolate con semplici e progressivi numeri romani per una durata totale di ventotto minuti che ci allieteranno con un sound rozzo, primordiale e minimale ma dannatamente efficace. Com’è ovvio sappiamo già cosa aspettarci dopo i primi quindici secondi dell’opener, che ci accoglie con un up tempo debitore, quanto a piglio e intensità, della scena norvegese dei primi anni novanta: riff semplici, con fill di batteria minimali e uno scream quasi narrante, ci fanno piombare in una grigia e gelida Oslo a fare i conti con bands come Mayhem e DarkThrone.
Anche la seguente “Part II”, decisa continuazione dell’opener con un riff relativamente diverso, rimane sulle medesime coordinate cariche di odio e misantropia. Vi è invece un netto cambio di rotta negli episodi centrali “Part IV” e “Part V”, devastanti bordate in un’orgia di caos e blasfemia, a suon di black n’roll dal ritmo indiavolato: riffing ossessivo da headbanging e dannatamente divertente, soprattutto nella quinta traccia, dove le reminiscenze punk fanno capolino, per quasi quattro minuti di spasso assicurato. Ma non pensiate che sia rumore buttato lì; gli Ùlfarr giocano tantissimo sul riffing d’impatto e su costanti cambi di tempo per tutto l’ep, che riescono a dare, pur nella loro semplicità, grande varietà di ritmo e dinamiche e a far memorizzare ogni singolo pezzo, nonostante si somiglino tutti per struttura e attitudine.
Conclude il lavoro “Part VI”, che rappresenta l’essenza più true black metal del combo d’Albione, un vero e proprio tributo al metallo più blasfemo e cattivo made in Norway che sembra essere stato scritto non più tardi del 1993, una vera e propria chicca per i nostalgici. La buona produzione non fa altro che impreziosire questo dischetto che, seppur non cambiando gli equilibri di un genere tradizionale inventato decine di anni fa, ne riporta le caratteristiche principali al giorno d’oggi, senza stravolgere nulla, come un vero e proprio ringraziamento da parte della band ai mostri sacri di una volta. Niente di nuovo dal Regno Unito pertanto, ma a noi va bene così. Volume al massimo, birra e true black metal.