Dalla sempre fervida scena ateniese sbucano dal nulla gli Hor, duo di recente formazione composto da Ophion e Throne, che esordisce direttamente sulla lunga distanza con questo “Exitium”, album di puro e cristallino black metal di matrice squisitamente nordica. Quando si pensa al black metal greco le prime cose che vengono in mente sono la sacra traide Rotting Christ, Varathron, Necromantia e quel sound caratteristico, melodico, avvolgente, infernale e mediterraneo, che nel corso degli anni novanta queste bands (ed altre: penso ad esempio ai Thou Art Lord) hanno saputo creare, trovando una loro via originale, per molti versi assai distante dal classico trademark norvegese che allora dettava legge: una tradizione che identifica quasi immediatamente la provenienza geografica (un po’ come avviene per la Finlandia o per il Brasile) e che oggi viene proseguita con orgoglio da gruppi come Empire Of The Moon e Acherontas. Vi sono però altre realtà elleniche (Dødsferd, Human Serpent, per citarne un paio), che hanno dimostrato di prediligere un suono più legato a quello del tipico black metal nordico, e norvegese in particolare, un suono freddo e sinistro, fatto di riff sferzanti come una bufera di neve, di feroci blast beats e di urla demoniache ma anche di atmosfere cupe e glaciali.
In questo solco, forse meno noto ma comunque interessante, si pongono gli Hor, che partoriscono un disco che avrebbe potuto tranquillamente essere pubblicato nell’ultima decade del secolo scorso, tanti ed espliciti sono i richiami alla scena norvegese ed in particolare a Gorgoroth, Darkthrone e Burzum: i primi due soprattutto per il suono ossessivo, crudo ed aggressivo; il secondo specialmente per il cantato disperato e lacerante, molto simile a quello reso celebre dal Conte, ma anche per alcuni passaggi più riflessivi ed atmosferici. La band si esprime attraverso quattro brani di lunga durata costruiti su strutture minimali e assolutamente essenziali, che spesso partono come mid tempos cadenzati e malinconici, per poi trasformarsi in furibonde cavalcate black cariche di odio e misantropia.
Non vi è alcun tipo di originalità nella proposta degli Hor ma non credo che l’intento del gruppo fosse quello di risultare innovativo o sperimentale: i nostri si limitano a suonare con onestà e dedizione ciò che prediligono e dimostrano di saperlo fare egregiamente, grazie ad una certa capacità di scrittura e a qualche intuizione melodica quà e là, unite ad una registrazione grezza quanto basta ma mai eccessivamente confusionaria, che rendono il disco comunque appetibile anche per chi è avvezzo a questo genere di sonorità ormai da più di un decennio. Emblematica delle potenzialità del gruppo è la title track posta in chiusura, pezzo monumentale di quasi undici minuti di durata, diviso in due parti: inizia come una straziante nenia funebre al limite del depressive (“Mourning For Sun”), con un cantato intriso di dolore e sofferenza; aumenta di tono ed intensità con il passare dei minuti, grazie ad un ottimo lavoro della sezione ritmica e, dopo un urlo da bestia sgozzata, assume i connotati di un vortice distruttivo, con le chitarre che costruiscono un muro sonoro impenetrabile e il batterista che picchia sulle pelli come un forsennato senza un attimo di pausa, dando corpo ad una tempesta caotica che rende giustizia al titolo (“Conquering Chaos”), ben equilibrata da un sottofondo atmosferico veramente raggelante. Un pezzo molto bello che da solo vale l’ascolto e, se volete approfondire la vostra conoscenza della scena ellenica, anche l’acquisto. Black metal tradizionale, mortifero e morboso, suonato con cognizione di causa.