Sotto questo oscuro moniker si cela nient’altro che il solito tuttofare Hrafn, personaggio di spicco dell’underground inglese e già mastermind dei più noti Thy Dying Light, Nefarious Dusk, Úlfarr e chi più ne ha più ne metta. La Cumbria, lontana dal caos generalizzato delle metropoli inglesi, sta diventando sempre più, grazie al suddetto personaggio, seguito da una nutrita schiera di discepoli e altre bands più o meno locali, una zona dove il black metal più oltranzista prolifera ed ha attecchito come se ci trovassimo in terre scandinave. Più di tante altre zone, la scena della Cumbria (cumbrian black metal) è caratterizzata da un retrogusto old school e da una dedizione completa alla second wave novantiana, anche se i Morte Lune rappresentano una piccola eccezione. Il buon Hrafn è un lupo di mare navigato e ha deciso di avere, tra gli altri che rimangono orientati verso un sound piuttosto spartano e di altri tempi, un progetto che suonasse più nordico, gelido e oscuro delle stesse bands provenienti dalle terre del nord. “Temple Of Flesh”, primo ep ufficiale dei Morte Lune, cambia le carte in tavola rispetto ai lavori provenienti da questa terra che siamo stati abituati ad ascoltare, e ci catapulta direttamente tra Svezia e Finlandia, grazie alla massiccia dose di melodia macabra e ghiacciata presente in ogni singolo brano che compone questi venticinque minuti scarsi di metallo oscuro e grezzo.
Una bella sorpresa per noi che conosciamo bene la scena inglese; “Temple of Flesh” rompe le regole da autentico fuorilegge e, senza tergiversare con fronzoli, orpelli o ruffianate varie, ci spara in piena faccia un filotto di killer tracks che farà la gioia di chi ama la scena finlandese. Il primo pensiero appena parte “O Father, O Satan” è che la band vada a nozze con tematiche sataniche e foreste innevate ed in effetti è così.
La struttura dei brani è sufficientemente canonica a base di chitarra, batteria, basso e uno scream ben calibrato, ortodosso e cattivo ma nulla è lasciato al caso, nonostante l’inventiva sia vicina allo zero. Un vero e proprio tributo a band come Horna, Malum e Aihos, senza dimenticare altri nomi blasonati come i Sargeist (quando non spingono troppo sull’acceleratore).
Questo ep è l’esempio lampante di come scrivere musica inedita che suoni fresca e genuina senza inventare nulla di nuovo. Grazie all’alternanza tra pezzi velocissimi e mid tempos, con stacchi e rallentamenti devastanti all’interno degli stessi, questi venticinque minuti volano in un attimo, con picchi come il macigno “Chalice Of Blood”, una mazzata assassina più letale di una tempesta di neve, o la cavalcata epica “Lucifers Gift”, che con tempi più rallentati incide come una coltellata e crea energia da sprigionare in un headbanging forsennato, al pari della poderosa title track posta in chiusura.
Non c’è un pezzo che prevalga su un altro, in quanto il punto di forza di questo lavoro è la compattezza che questi brani, uno dopo l’altro, riescono ad acquisire, come se fossero parte fondamentale dello stesso puzzle. Il lavorare su coordinate ben rodate è di sicuro un vantaggio per Hrafn e i suoi fedeli adepti ma sottolinearlo non significa voler sminuire il grande lavoro fatto da questo eclettico artista; con il minimo sforzo, è riuscito a creare una piccola gemma di black metal melodico e glaciale in una zona del mondo che finora non aveva dato molto alla scena estrema.
Una nota a parte merita la produzione, che suona sporca, rozza e low-fi, senza però creare mai confusione tra gli strumenti che si sentono bene senza coprirsi, con la voce sempre leggermente sopra il resto ma mai fastidiosa. La bella stagione è alle porte ma voi siete dei misantropi che amano il gelo e l’oscurità? Benissimo, questo disco fa al caso vostro.