La creatura Pantheon Of Blood, progetto dietro il quale si cela il mastermind Sûrya Ishtara (all’anagrafe Antti Ojala, impegnato in altri progetti più o meno noti, come Blood Red Fog, Samma’s Equinox e Utgard), coadiuvato da diversi musicisti, si muove nell’umido e nebbioso, ma sempre fertile, sottobosco underground finlandese dal 2009, rispettandone scrupolosamente l’attitudine e l’estetica, dando alle stampe unicamente lavori di breve durata e in edizione estremamente limitata ed esibendosi dal vivo solo in rarissime occasioni. Con un cover artwork molto colorato, opera della Will-Helm Arts di W. Hewlett, che evoca scenari al tempo stesso lisergici e lovecraftiani, “Voices Rooted In Blood” è una raccolta che contiene quasi tutto il materiale finora pubblicato da questo progetto, ovvero l’omonima demo del 2010 (pezzi 1 e 2), l’ep “Consociatio Solis Et Lunae” dell’anno successivo (pezzi 3 e 4), lo split del 2015 “Lapis Philosophurum” in compagnia dei connazionali Creatura (pezzo 5) ed il più recente ep del 2018 “Purgatorial Awakening” (pezzi da 7 a 10). Manca all’appello solo l’ep “Tetrasomia” del 2013, non inserito in quanto opera a sé stante nella discografia del gruppo, ma c’è l’aggiunta di un pezzo inedito, che risponde al nome di “The Pagan Light”.
Una certa “avarizia creativa” ha caratterizzato la carriera decennale della band e Sûrya Ishtara la spiega con la volontà di privilegiare sempre la qualità rispetto alla quantità e di non forzare mai il processo compositivo: “il processo di composizione è stato intuitivo, ma ciò non esclude l’intenzione di concentrarsi sull’inquadrare un’immagine con un certo ideale in mente. È facile mettere insieme i riff, ma avere un senso del dramma che serva allo scopo, è una cosa diversa: ovviamente ci sforziamo di raggiungere la qualità piuttosto che la quantità, tuttavia è più un approccio soggettivo che oggettivo”. Trattandosi di una compilation è quasi inevitabile che questo disco contenga canzoni piuttosto eterogenee tra loro, benché tutte legate dalla fedeltà ai canoni del black metal tradizionale, comunque interpretato secondo diverse angolazioni e seguendo un percorso musicale evolutivo che da lineare diventa via via più audace e labirintico. Si passa infatti da episodi più grezzi e crudi, come “Overflowing Manifestation”, ad altri più orientati verso atmosfere pagane, come la già citata “The Pagan Light”; da pezzi più doomeggianti, sulla scia di certi Barathrum, come la cavernosa e cupissima “Incantation In Blood”, ad altri che si spostano addirittura verso derive rumoristiche, come la più sperimentale “Deus Ex Natura”; fino alla chiusura ambient di “Awakening”.
A fare da collante tra le varie anime della proposta della band c’è una certa tensione mistica, un afflato spirituale e magico, veicolato attraverso un piglio melodico mai eccessivamente scontato che si mantiene intatto in tutto il disco, il quale conserva anche un tema lirico comune di fondo legato, da un lato, all’occultismo, che Sûrya Ishtara concepisce come un metodo per studiare il linguaggio misterioso della natura e, dall’altro, ad un nazional-romanticismo legato all’idea dello spirito collettivo e del recupero del patrimonio culturale del proprio luogo di origine e dei propri antenati; quindi un concetto filosofico che nulla ha a che fare con derive di natura politica.
Probabilmente Pantheon Of Blood rimarrà sempre un nome di nicchia ma, se siete cultori della scena finlandese, un ascolto a questo lavoro è senz’altro consigliato, anche perché, stando alle notizie reperite in rete, il progetto è attualmente congelato e realisticamente potrebbe trattarsi dell’ultima pubblicazione con questo moniker.