Vi sarà sicuramente capitato di trovarvi nel classico mood di non sapere cosa ascoltare. Benissimo, è una cosa normale: l’unica soluzione è cambiare ripetutamente disco sino a fermarsi per stanchezza o perché avete trovato la giusta quadra. I bastardissimi Chotzä, dall’alto della loro blasfema maleducazione, hanno voluto offrire un rimedio a questo problema registrando un disco killer che prende il nome di “Tüüfuswärk” dove, canzone dopo canzone, si passa da un genere all’altro, pur rimanendo sempre in ambito estremo ma contaminando con diverse influenze ogni capitolo di questa arma da distruzione di massa. Questo terzo sigillo delle bestie provenienti dall’affascinante capitale svizzera tira fuori dalle tenebre un caos che ci tiene compagnia per quasi un’ora di black metal, che spazia da scanzonati riferimenti festaioli a sferzate puramente nordiche, passando tra chiari riferimenti thrash e alla più classica NWOBHM. L’oscurità permea tutto il disco che si snoda tra riff assassini, grugniti, gang vocals e guitar solos di classe cristallina, che non sfigurerebbero in lavori di tutt’altro genere, magari più patinati e ruffiani. Che i Chotzä non siano persone normali lo si evince già dal nome (che in svizzero tedesco vuol dire semplicemente “vomitare”), ma se dalle foto promozionali questi beceri individui possono sembrare la copia degli Impaled Nazarene dei tempi che furono, con face painting preso in prestito dai Bestial Warlust, tra bottiglie di alcolici, ray-ban e gingilli che possono richiamare la frangia più estrema del black/thrash, la vera sorpresa si ha ascoltando il disco. Diciamo la verità, viviamo in una società nella quale ancora l’abito fa il monaco e a questi fenomeni pittati non avremo dato un centesimo, ma ci saremmo dovuti ricredere dopo aver ascoltato un lavoro di qualità come questo “Tüüfuswärk”. Senza girarci troppo attorno, abbiamo per le mani un disco pazzesco nel quale Szivilizs e compagni tirano fuori dalle viscere tutta la loro perversione artistica.
Dieci step devastanti che ti portano dall’inizio alla fine di un percorso tormentato e depravato, che ti trascinano all’inferno senza passare dal via. A primo impatto il disco, cantato in madrelingua, lascia abbastanza perplessi per via dell’eterogenea proposta artistica della band ma, pezzo dopo pezzo, si arriva a vedere nitidamente il loro disegno musicale distorto. Non un filler, non un passaggio a vuoto, non un momento di noia: questo è il terzo disco dei Chotzä. E si parte con il massacro collettivo di “Dräck Am Schtäckä (Vatikan Version)”, uno dei pezzi più tirati ma canonici del platter, insieme alla devastante e velocissima “Süüchägott”. Sin qui nulla di particolare ma questo disco ha la capacità di stupire pezzo dopo pezzo: ad esempio con la pazzesca “Schtächzähni”, canzone intrisa di forti richiami al limite dell’hardcore, che induce all’headbanging più sfrenato, o con la punkeggiante “Horrorotika”, caratterizzata da un riff iniziale che potrebbe essere stato partorito dai Green Day dopo aver fatto un patto con Belzebù, che lentamente prende le sembianze di una rock n’roll song dalle tinte macabre e oscure da party americano del 31 ottobre. Dolcetto o scherzetto? I Chotzä preferiscono lo scherzetto e infilano l’ennesimo capitolo da ballo di fine anno del liceo, tra belle donzelle, ragazzini arrapati, alcol e spinelli, condito da un bel pezzo di pianoforte che potrebbe ricordare uno stralunato rock n’roll al limite del boogie-woogie, incrociando una chitarra acida uscita dalla colonna sonora di qualche teen horror di infima serie. L’estro della band si dipana brano dopo brano e quando il gioco si fa duro i Chotzä vomitano “Abfau”, una sinfonia maledetta che procede con un lento incedere ansioso sino a esplodere in una sferzata di blast che trasuda Nord Europa, fredda e oscura, tetra e liturgica. Come in un pranzo di gala il dolce viene lasciato alla fine: i Chotzä concludono con la titletrack, come se le altre tracce fossero una sorta di antipasto per il piatto forte.
Il brano è una mini suite di otto minuti, dove non si eccede in velocità ma ci si concentra sull’atmosfera creata dalle chitarre (instancabili per tutto il disco) che tessono melodie sinistre e ammiccanti e si intrecciano con le partiture vocali che esplodono in un coro potente di tipica scuola thrash, mentre il brano si evolve in intrecci tra chitarra e pianoforte, chiudendo un disco che, oltre ad essere realmente stupefacente dal punto di vista compositivo, risulta anche melodico, potente, arrogante e malato quanto basta, unendo la sfrontatezza del rock n’roll, la melodia dell’heavy metal più classico e il caos del black metal, grazie a uno scream sempre all’altezza e un drumming proveniente direttamente dall’inferno. “Tüüfuswärk” può essere definito con un aggettivo: “completo”. Nessuno avrebbe mai immaginato che i generi mescolati dai Chotzä con dedizione luciferina e attitudine bipolare avrebbero potuto coesistere in maniera così vincente, ma loro ci hanno smentito. Sta a noi caricarci di alcol, pistole di gomma e riviste porno e andare in giro a fare gli spacconi spaventando vecchiette e ragazzini.