La Tavola Osca, nota anche come Tavola d’Agnone o Tavola degli Dei, è una lastra di bronzo risalente al III secolo a.C., in lingua osca, rinvenuta a Capracotta in Molise, appartenente al popolo italico dei Sanniti. La tavola fu scoperta nel 1848 in località Fonte del Romito, presso il podere di Giangregorio Falconi, vicino al Monte Cerro, al confine con il comune di Agnone. Il contadino Pietro Tisone, durante l’aratura, avrebbe scoperto il reperto, poi sottoposto all’osservazione dei fratelli Saverio e Domenico Cremonese. Presto la notizia del ritrovamento arrivò alle orecchie di Theodor Mommsen, insigne storico e accademico tedesco, che studiò l’importante reperto, come testimonianza della lingua italica nel Sannio. La tavola successivamente entrò nella collezione di Alessandro Castellani, che poi nel 1873 la vendette al British Museum di Londra, dove ancora oggi è conservata. Il testo descrive un recinto sacro dedicato a Cerere, dea della fertilità, in onore della quale nel corso dell’anno venivano celebrate a scadenza ritmica festività sacre. Si aggiunge nel testo che ogni due anni una cerimonia speciale aveva luogo presso l’altare del fuoco e che in occasione dei Floralia (festività primaverili), nei pressi dello stesso santuario si celebravano sacrifici in onore di quattro divinità.
Questa è, riassuntivamente, la storia della Tavola Osca, alla quale è dedicato questo nuovo album dei Dawn Of A Dark Age, band italiana capitanata dal polistrumentista Vittorio “Eurynomos” Sabelli, attiva dal 2014, e con alle spalle “The Six Elements”, poderosa saga in cinque parti dedicata agli elementi naturali (abbiamo speso qualche parola su “Vol. 1 Earth”). Dando un ascolto alla discografia del progetto non si può certamente negare che ai Dawn Of A Dark Age manchino il coraggio e la voglia di sperimentare nuovi accostamenti, che in fin dei conti risultano molto meno azzardati di quanto si potrebbe pensare, perché il black metal è appunto nero e, come noto, il nero sta bene con tutto. Battute a parte, questo nuovo lavoro è veramente un’avventura narrativa e musicale, nella quale il black metal si ritaglia il proprio ruolo ma lascia ampio spazio a fughe in territori lontanissimi dalle sonorità a cui siamo più abituati, senza barriere di nessun tipo, seguendo il filo del racconto, che non narra solo le vicende storiche del ritrovamento della famosa tavoletta ma sembra volerne recuperare anche il contenuto spirituale e mistico. L’album esce per la francese Antiq Records, etichetta specializzata in dischi particolari, che mescolano il black metal a sonorità antiche, di matrice medievale (è il caso di “Les Grandes Compagnies” dei conterranei Grylle). Anche i Dawn Of A Dark Age sono riconducibili in linea generale a questo filone ma lo spettro musicale abbracciato in questa loro ultima fatica è veramente ampio, tanto che si potrebbe parlare di un’impronta avantgarde nella loro musica, di un piglio sperimentale, che tuttavia mantiene intatto un sapore antico.
Nei due lunghi “atti” che compongono “La Tavola Osca”, il primo di circa ventitré e il secondo di circa diciassette minuti di durata, c’è veramente di tutto: parti recitate accompagnate da linee di pianoforte molto evocative; fughe strumentali di stampo medievaleggiante e barocco; cori; intermezzi ambientali; stralci acustici; flauto e clarinetto che fanno la loro comparsa spesso e volentieri, ritagliandosi il ruolo di strumenti principali per alcuni tratti; una voce lirica davvero suggestiva e potente; un passaggio quasi ai limiti del jazz e, per finire, la lunga evocazione delle divinità elencate sulla tavola, che ha un po’ il sapore di una cerimonia tribale e finisce quasi per rievocare la scena del sacrificio alla Dea Kali in “Indiana Jones E Il Tempio Maledetto”.
Insomma un piatto davvero ricco, che potrà accontentare ogni palato, e un’atmosfera magica, che mi ha in qualche modo ricordato gli Evol di “The Saga Of The Horned King” (anche se i Dawn Of A Dark Age sono decisamente meno minimali e alla base del concept c’è un dato reale e non una storia fantasy). E i black metal? C’è anche quello, con la chitarra elettrica che in molte occasioni riprende la melodia di quella acustica, e i blast e lo screaming che si aggiungono strada facendo a completare il quadro, ma non si tratta di un elemento che rivesta un’importanza privilegiata rispetto alle molte altre influenze e generi toccati, bensì di un pezzo fra i tanti che compongono questo caleidoscopico puzzle, tenuto insieme dalle differenze tra le sue parti e dalla narrazione, che avvince e non fa scemare l’attenzione dell’ascoltatore. Con “La Tavola Osca” i Dawn Of A Dark Age hanno dato alle stampe quello che probabilmente è il lavoro più ambizioso della loro discografia, dando prova di una capacità compositiva ed esecutiva fuori dal comune. Indubbiamente un disco di non semplice assimilazione ma che è in grado di riservare molte gradite sorprese a chi non teme di avventurarsi in territori musicali inconsueti.