Per la serie “acustico è bello”, ecco a voi il secondo parto dei nostrani Feralia, gruppo di recente formazione che mi aveva ben impressionato con il suo primo full length, quell’“Helios Manifesto” uscito meno di un anno fa, caratterizzato da un approccio classico ma al tempo stesso intriso di malinconica disperazione e incentrato su tematiche di matrice esoterica e di estrazione crowleyana. L’ensemble capitanato dal bassista Khrura e dal chitarrista Raijinous torna ora a far sentire la propria voce con questo ep, concepito e realizzato durante la recente quarantena e quindi con mezzi e disponibilità assai ridotti. Ma i Feralia, secondo il vecchio adagio, hanno saputo fare di necessità virtù, cavando il massimo da una situazione obiettivamente complicata, concentrandosi sull’emotività della musica, senza neppure snaturare più di tanto la loro proposta. “Over Dianam”, come detto, è un lavoro completamente acustico. Per usare le parole stesse della band, “il tema di questa uscita è la stupenda e catastrofica superiorità della natura: per descriverla abbiamo usato la figura di Diana/Artemide. Il concept rivela alcuni indizi sul contenuto lirico del nostro prossimo full length (“Under Stige”), essendo le due opere collegate da un gioco di opposti e corrispondenze”. La dea latina Diana, in buona parte sovrapponibile all’Artemide greca, è infatti la dea della caccia e dei boschi, protrettice delle partorienti, irascibile, vendicativa e amante della solitudine, spesso associata al simbolismo lunare e delle corna, e per questo, nei secoli successivi, anche alla stregoneria: quale migliore raffigurazione dell’indifferenza e dell’insensibilità della natura nei confronti delle meschine vicende umane?
Le quattro canzoni qui presenti sono costruite su tenui melodie di chitarra acustica, sulle quali si staglia un cantato suggestivo e tragico ma a suo modo solenne ed epico: l’atmosfera soffusa e nebbiosa rievoca antichi e dimenticati culti pagani, rituali propiziatori attorno ad un fuoco che arde, ed è intrisa di misticismo panico, sembra ricondurci ad una mitica età dell’oro, probabilmente mai esistita, nella quale l’uomo viveva in completa armonia con le forze ancestrali ed oscure della natura. Un esperimento pagan/folk totalmente acustico di questo tipo non rappresenta certo una novità assoluta: basti ricordare i Borknagar di “Origin”, i Finntroll di “Visor Om Slutet” e, soprattutto, gli Ulver di “Kveldssanger”, forse i primi in assoluto a proporre qualcosa del genere in ambito black.
E quest’ultimo accostamento risulta particolarmente calzante, dal momento che tra gli ospiti del disco troviamo Håvard Jørgensen, che proprio negli Ulver suonava al tempo della pubblicazione di quell’album e che qui è impegnato alla chitarra acustica in “The Altar And The Deer”, brano nel quale troviamo alla voce Erymanthon Seth dei nostrani Apocalypse e che, tuttavia, tra i quattro che compongono l’ep mi è sembrato quello meno coinvolgente, forse troppo sussurrato e statico. A completare il quadro troviamo, in “Green Omen”, Erba Del Diavolo dei black/doomsters Ponte Del Diavolo (ci siamo occupati di loro in occasione della recente uscita del debutto “Mystery Of Mystery”), che presta la propria oscura voce da strega per l’invocazione finale. Con “Over Dianam” i Feralia ci consentono di conoscere un altro lato della loro musica, più scarno, riflessivo e meditabondo ma comunque coerente con il concept di fondo del progetto, che del resto anche nella sua opera prima aveva messo in evidenza una certa propensione per la spiritualità.