Dei tedeschi Hexenbrett mi ero già occupato in occasione della pubblicazione dell’ep di debutto “Erste Beschwörung” del 2018, lavoro decisamente interessante, che aveva attirato la mia attenzione grazie ad un convincente ibrido tra sonorità proto-black e più classicamente heavy metal, declinato in chiave orrorifica. Formula che la band utilizza, sviluppandola e rendendola ulteriormente intrigante, anche in questa prima fatica sulla lunga distanza, che vede la luce sotto l’egida della connazionale Dying Victims Productions, la quale aveva già avuto modo di ristampare il primo dischetto dei nostri. Gli Hexenbrett avevano inizialmente deciso (come del resto molti altri colleghi) di tenere celata l’identità dei membri del gruppo: oggi invece sappiamo che la band è un duo composto da tali Josto Feratu e Scarlettina Bolétte… e quindi in sostanza continuiamo a saperne quanto prima. Ma, come si suol dire, è la musica che deve parlare, e qui abbiamo a che fare con musica di grande qualità, che mette in evidenza un fortissimo legame con il metal classico degli anni ottanta e con tutto quel magma più estremo che proprio in quegli anni cominciava a ribollire senza tutti i deliri di appartenenza a questo o quel genere oggigiorno purtroppo così radicati, pur mantenendosi incredibilmente fresca ed ispirata, grazie anche, e soprattutto, ad un alone sinistramente cimiteriale e da film horror di quarta categoria che aleggia su tutte le composizioni. Melodie heavy convivono tranquillamente con selvagge sfuriate black, squarci speed si aprono la strada gomito a gomito con passaggi di occult rock che affondano le proprie radici nel più bui e satanici anni sessanta e settanta: un meraviglioso caleidoscopio, tutto rigorosamente tinto di nero, che appare ancora più valido proprio in quanto musicalmente inclassificabile, sfuggente, anche se ogni nota ci sembra suonare in qualche modo famigliare.
Ed in effetti è così: gli Hexenbrett prendono qualcosa qua e là, compongono i contrasti tra influenze più raffinate e manifestazioni di genuina ed ottusa ignoranza, tra stravaganze sempre ben calibrate e duro ed autentico metallo, mescolano bene i vari ingredienti e ci presentano il loro piatto decisamente gustoso. “Zweite Beschwörung: Ein Kind Zu Töten” è un album davvero avvincente e sarebbe assolutamente riduttivo citare una canzone a discapito di un’altra perché si tratta di un cammino da percorrere interamente, dalla prima nota dell’intro “Ein Kind Zu Töten I” fino all’ultima battuta della conclusiva e rabbiosa “Le Requiem Des Vampires”, tra bare scoperchiate e attraverso cripte ammuffite e debolmente rischiarate dalla fiamma tremolante di una torcia, pronta a spegnersi da un momento all’altro.
Ed in questo cammino incontreremo tanti vecchi amici che probabilmente non avremmo mai pensato di incrociare tutti sulla stessa strada, come Varathron, Danzig, Goblin e Van Halen ma anche King Diamond, Venom e Mortuary Drape. Il tutto tenuto insieme con grande naturalezza e da un collante formidabile, costituito da un coerente feeling di fondo che ci catapulta costantemente in qualche vecchia pellicola di Jean Rollin o di Amando De Ossorio o di Joe D’Amato, tra mostri, frattaglie e donne nude. Un feeling perfettamente veicolato da un riffing evocativo, dallo screaming spesso rarefatto e ricco di riverberi e, ancora di più, dall’uso insistito delle tastiere, quasi sempre presenti ed ottimamente calibrate, e dal suono affascinante ed ossessivo di uno strano carillon che fa la sua comparsa in svariate occasioni per donare alla musica quel tocco sinistro in più. Senza strafare e senza perdere contatto con le proprie radici e con un passato dal quale attingono a piene mani, gli Hexenbrett confezionano un disco d’esordio decisamente sopra le righe, che non sfocia in una banale operazione nostalgia ma si traduce invece in una rilettura personale e a suo modo originale di stilemi noti, che ogni metallaro potrà riconoscere, godendone appieno. Ottimo e abbondante.