Dopo due demo ed un ep (“Via”), tutti pubblicati nel 2016, torna a far sentire la sua voce il progetto Derhead, attivo in realta dal 2001 e dietro al quale si cela il mastermind e polistrumentista Giorgio Barroccu, già bassista nei gothic/doom metallers The Void, che si occupa di ogni aspetto di questa release, dalle composizioni, alla registrazione, alla produzione. “Irrational I”, per ora disponibile in formato digitale e in edizione tape limitata per l’etichetta indipendente Brucia Records, è un ep di poco meno di venti minuti di durata, che ci propone due pezzi lunghi e strutturati, a cavallo tra un black metal dal sapore industriale e tentazioni avanguardistiche e sperimentali. Non è semplice inquadrare la musica dei Derhead perché i brani incorporano svariate influenze e si dipanano attraverso momenti più ragionati e rallentati, nei quali emerge un songwriting più sofisticato e raffinato, e passaggi decisamente più furiosi, nei quali invece esplode in tutta la sua forza dirompente un delirante e violento desiderio di autodistruzione, accompagnato in alcuni frangenti da un approccio a suo modo epico, sempre però intriso da un insopprimibile puzzo di morte.
Ciò che tiene insieme il tutto, come un filo conduttore rosso sangue, è un certo piglio industrial, che potrebbe richiamare alla mente gruppi come Diabolicum, Mysticum, ultimi Dødheimsgard, e in certa misura anche i Satyricon di “Rebel Extravaganza” (disco che, non mi stancherò mai di ripeterlo, è ingiustamente sottovalutato da troppi oltranzisti dell’ultima ora e che invece ha aperto nuove strade, nel suo unire in maniera inedita vecchio e nuovo): sarà per le vocals spesso filtrate, sarà per la presenza della drum machine programmata in maniera puntuale, sarà per il riffing ossessivo ma mai eccessivamente caotico, fatto sta che la musica dei Derhead ha costantemente un che di freddo e meccanico che mette a disagio e risulta decisamente disturbante.
Una cornice musicale adeguata per testi non immediati e lontani anni luce dai consueti luoghi comuni, introspettivi, amari e perfino disperati, che sembrano avere a che fare con il contrasto insanabile tra l’uomo e la realtà che lo circonda, tra i nostri desideri e l’inesorabile trascorrere del tempo.
La qualità delle composizioni è indubbia ed il nostro amico Giorgio riesce anche a mettere in mostra nei Derhead una sua impronta personale, che credo sia giunto il momento di sviluppare pienamente in un lavoro di lunga durata. “In this quiet no desire falls, no remembrance floats. No more”.