Old school death metal dalla Grecia. E quando dico old school non dico tanto per dire perché in effetti molti dei pezzi compresi in questo “Onwards The Mystic Paths Of The Dead” sono stati composti tra la fine degli anni ottanta e l’inizio degli anni novanta. La Grecia sicuramente è più conosciuta in ambito estremo per il suo fondamentale contributo alla causa black (e non vi sto qui ad elencare i molti gruppi che hanno plasmato quelle sonorità così uniche ed inimitabili); per quanto riguarda il death metal invece, se si escludono gli eclettici Septic Flesh, non sono poi molte le realtà di rilievo provenienti dall’Ellade. Tra queste si possono certamente citare gli Obsecration, attivi dal lontano 1990 e fieri portabandiera di un sound radicale e tradizionale, che non conosce le parole evoluzione, sperimentazione e tecnica. Ed è semplicemente questo ciò che possiamo trovare in questo album, settima fatica sulla lunga distanza per la band capitanata dal singer C. Dead V., all’anagrafe Costas Vasilakakis, da qualche anno ormai affiancato dal bassista Drakhon e dal batterista/chitarrista Ungod: puro e semplice death metal, intriso di sangue e dell’odore pungente della carne in putrefazione. Gli amanti della modernità e dei tecnicismi esasperati, che negli ultimi decenni in questo genere sembrano essere diventati l’unica soluzione proponibile per un’audience sempre più raffinata, potranno tranquillamente soprassedere, perché gli Obsecration guardano alle origini del death metal, a quel periodo d’oro nel quale sono stati prodotti gli indiscussi e indiscutibili capolavori del genere, senza orpelli e senza voli pindarici.
E guardano soprattutto alla scuola statunitense, senza però rinunciare ad un tocco di melodia tipicamente europeo: quindi nella loro musica sarà agevole percepire echi di primi Death e Obituary ma anche di Cancer, Benediction, Massacre, Nocturnus e band similari, con una discreta dose di thrash primordiale e grezzissimo e qualche sprazzo più epico e melodico, dal sapore heavy, ad impreziosire il tutto. Per il resto il quadro generale è quello che ci si potrebbe aspettare: passaggi violentissimi, qualche rallentamento soffocante qua e là, i classici assoli sparati a velocità supersonica e il grugnito rauco e cavernoso di C. Dead V. che ci vomita in faccia le sue favole della buonanotte in chiave horror.
Anche la produzione, scarna, retrò, rigorosamente analogica e artigianale, è perfettamente in linea con la musica proposta dai nostri, e questo è un altro elemento che potrebbe fungere da efficace deterrente per le orecchie più delicate. Non siamo ovviamente di fronte ad un capolavoro epocale e di sicuro gli Obsecration non sono maestri di fantasia in fase compositiva ed esecutiva ma, pur nella sua prevedibilità, questo lavoro sa offrire dei momenti di malsano godimento e canzoni come “Beyond The Nightmarish Passage At The Skeletons Valley”, “Shadows…” o le tre parti di “Avoriaz” (che racconta una simpatica leggenda legata a quel villaggio, a base di incesti, mostri deformi e brutali uccisioni) sanno intrattenere a dovere e di sicuro vi faranno muovere la testolina su e giù. Questo è quanto: prendere o lasciare; ma è chiaro che, dopo trent’anni di carriera all’insegna dell’ortodossia, dagli Obsecration non ci si poteva aspettare niente di diverso.