Giudicare un libro dalla copertina è superficiale, sbagliato e, per farla breve, da ignoranti. Infatti, se ci fossimo fermati alla copertina di questo disco, oltre ad appartenere alla suddetta categoria, probabilmente l’avremmo usato come sottobicchiere. Ben venga invece la curiosità per le cose orride (che ci ha sempre contraddistinto): pertanto, dopo un breve periodo di attesa tra le miriadi di promo che giungono costantemente in redazione, questo “Dödsriket” ha avuto l’onore di essere messo sul piatto, per poter esprimere, in tutta la sua vigorosa mascolinità, i suoi oscuri intenti. Un cover artwork che rappresenta la morte, in sella al suo fido destriero, davanti a una cattedrale tipicamente nordica (il tutto in formato cartoon grafico, elemento più inquietante del disegno stesso), fa da biglietto da visita a questo debut album dei Begrafven, duo svedese all’esordio sulla lunga distanza, che vede la luce dopo ben sette anni dalla demo autointitolata del 2013. Tornando al discorso di prima, se ci fossimo limitati alla cover, che sembra quasi prendersi gioco dei clichés classici del black metal, questo disco sarebbe stato inevitabilmente messo da parte ma, appena prendiamo coraggio e schiacciamo il tasto play, veniamo investiti da un turbine di aria gelata, che dal finire dell’estate ci fa piombare a gennaio inoltrato, in mezzo a foreste e lupi. Stormi di corvi, vento freddo, alberi fitti e tanto ghiaccio, sono le immagini che si palesano dinnanzi a noi non appena parte “Nyckeln Till Döodsriket”, prima delle undici tracce che compongono “Dödsriket”, per un totale di quasi settanta minuti di puro black metal nord europeo, un minutaggio che per la gran parte delle band corrisponde a due full length e un ep.
Difficile far rimanere l’ascoltatore concentrato per una simile durata ma i Begrafven ci riescono grazie a una setlist pazzesca, che mette in luce la faccia più maligna di questi due ragazzi. Non c’è un momento di stanca lungo questo percorso dannato che ricalca tutti gli stilemi nord europei, in particolare con richiami ai Marduk più epici ed evocativi (“Opus Nocturne” insegna), senza però mai scimmiottare nessuno ma cercando, pezzo dopo pezzo, un’identità ben definita e riconoscibile, grazie a un sound ancorato alla scuola della seconda ondata, che non disdegna influenze thrashy e più classicamente metal, soprattutto nelle linee melodiche strumentali e vocali. Nulla di nuovo, sia chiaro, ma da una band che si chiama “sepoltura” (in svedese, Begrafven) non potevamo aspettarci riff scanzonati di hard rock stradaiolo, e a noi, che adoriamo capre e antiche divinità sumere e il sigillo di baphomet lo abbiamo stampato pure sul pigiama, va benissimo così. Una serie di mazzate black metal che basano tutto sull’impatto, da una parte, e l’atmosfera rarefatta, dall’altra; un cammino in sella a un cavallo scheletrico tra le vie di una città deserta all’imbrunire, dove si sente solo lo zoccolo del destriero che scandisce i passi nell’eco della solitudine. “Dödsriket” è un’esperienza di altri tempi, come salire su una Renault 5 turbo nel 2020, un qualcosa di mistico e ruggente, con i due mastermind Ursus e Maturz che, da bravi menestrelli della morte, conducono le danze con maestria e personalità. La band non risulta mai troppo ossessionata dal voler ripercorrere un copione già scritto in precedenza e, pur restando fedele ad un sound classico, riesce a suonare in modo naturale e spontaneo.
Sono un esempio di quanto appena detto “Slav” e “Döden Är Helig”, i pezzi più epici del lotto, senza dimenticare “I Mitt Mörker”, autentici canti di battaglia dominati da un mid tempo alternato a costanti accelerazioni, nelle quali si evidenzia un drumwork davvero piacevole, seppur privo di eccessivi virtuosismi (del resto inutili nell’economia del disco). Una buona produzione old school, molto calda e verace, aggiunge ulteriore valore e credibilità a questo lavoro, con il basso molto presente e il suono analogico della batteria degno della clava di legno di un antenato. Per la serie “i bellissimi del black metal ortodosso” è doveroso segnalare anche “Dä Jorden Fylls Av Klagorop”, lenta cavalcata introspettiva che, posta a metà setlist, assume i connotati di una suite, grazie al suo elevato minutaggio e al suo riffing ossessivo. Le vocals, seppur migliorabili in alcuni episodi, risultano in tema con l’atmosfera drammatica e funerea delle tracce, un fil rouge di passione e miseria; mentre è pazzesco il lavoro strumentale, tra tecnica e dedizione alla fiamma più nera del metal underground.
I Begrafven capitalizzano ogni singolo istante trascorso dalla demo d’esordio a questo nuovo disco, ponendo in essere una potenza di fuoco davvero notevole. Non c’è bisogno di descrivere nel dettaglio ogni singolo brano che compone questi settanta minuti di perversione, tra cambi di tempo, break melodici e acustici ed accelerazioni in classico tremolo e blast beat: lasciamo a voi il piacere di assaporare questa creatura infima e deviata dalla prima all’ultima nota, per poi darci definitivamente ragione. Di sicuro questo “Dödsriket”, nella sua semplicità, è una delle uscite più “gelide” di questo strano autunno. Imperdibile.