Esce per la piccola ma agguerrita etichetta Maculata Anima Records, con sede a Malta, il full length d’esordio degli Ilienses Tree, quintetto cagliaritano che prende il proprio nome dall’antico popolo nuragico degli Iliensi (o Iolei, più tardi Diagesbei), che abitava la Sardegna centro-meridionale, in seguito rifugiatosi nell’entroterra durante la dominazione cartaginese e poi romana. I nostri sono attivi dal 2013 e, prima della pubblicazione di questo album, hanno dato alle stampe le demo “2014 B.C.” e “Edda”, rispettivamente nel 2014 e nel 2016. “Till Autumn Comes”, che fin dal titolo evoca scenari nebbiosi ed emozioni malinconiche, è un disco di poderoso e pesante death/doom, che paga il doveroso, e direi inevitabile, tributo ai maestri del genere (e citerei gruppi come Tristitia, Esoteric ed Evoken) ma che riesce anche ad essere a suo modo sorprendente perché, pur restando fedele a determinate coordinate stilistiche, introduce elementi di diversificazione ed atmosfere che richiamano altri (comunque affini) lidi musicali, dando così la sensazione che il gruppo potrà in futuro arricchire ulteriormente la propria proposta senza necessariamente snaturare le proprie radici. Dopo la breve intro “A Different Season”, che apre la strada con nostalgico grigiore alla valanga di negatività che di lì a poco ci travolgerà, l’opener “Autumn Falls” e la successiva “Lower” sono due macigni death/doom che recano le classiche stimmate del genere: ritmi lenti e fangosi, sezione ritmica cimiteriale e vocione in growl funereo, senza tuttavia rinunciare ad un tocco vagamente melodico, che davvero nell’insieme non guasta.
Queste sono le caratteristiche essenziali del disco, come ci si potrebbe ragionevolmente attendere da un lavoro di questo tipo, e si mantengono inalterate per tutta la sua durata, con alcune sfumature, come detto, che aumentano il dinamismo dei pezzi. “The Observer” scivola infatti verso lidi più marcatamente depressivi, con un’alternanza strofa-ritornello che si lascia ricordare facilmente ed un approccio sonoro non troppo distante da quello dei Forgotten Tomb di album come “Love’s A Burial Ground” e “Negative Megalomania”. La successiva “Looking Glass” rallenta ulteriormente i ritmi ed è l’episodio a mio giudizio più carico di malinconica disperazione del lotto, con linee melodiche semplici ma dannatamente efficaci ed un feeling che mi ha ricordato parecchio i frangenti più pessimistici e neri di una pietra miliare come “Bloody Kisses” dei Type O Negative. Segue “The Black Tree”, che spariglia ancora leggermente le carte, in quanto aumenta la velocità e si sposta su territori decisamente affini a certi black melodico e atmosferico d’oltreoceano, grazie ad un riff portante ancora una volta lineare e ficcante, concentrando lentezza e pesantezza nel break centrale.
La conclusiva e pachidermica “Blood”, che sfiora i dodici minuti di durata (ma tutte le canzoni hanno un minutaggio sostenuto), già presente sulla demo d’esordio e qui riproposta, resta sospesa tra paludi death/doom e sussulti black, e costituisce l’ideale ponte tra il passato ed il presente della band, mettendo in evidenza un po’ tutte le caratteristiche del sound dei nostri. A volte, scavando nell’underground, si scopre inaspettatamente qualche piccolo gioiellino: è il caso di “Till Autumn Comes”, che probabilmente non godrà di grande esposizione ma rappresenta un godibile e credibile affresco di dolore e rassegnazione; calzante colonna sonora per queste umide giornate autunnali.