Siete bramosi di qualcosa di lercio, ignorante e vigliacco? Amanti del gore, di Belzebù e di tutto ciò che chiunque altro reputa squallido? Siete bevitori incalliti e preferite andare a prostitute piuttosto che corteggiare una ragazza pseudo normale, pur di non avere un minimo di contegno negli approcci? Benissimo, noi abbiamo esattamente ciò che fa per voi; la pillola magica si chiama “Sanctifying Ritual”, omonimo debut album di questa band tedesca che, a distanza di ben undici anni dalla prima demo, finalmente riesce a immettere sul mercato il primo full length, e che full length! Abbiamo a che fare con una band che suona come una mazza chiodata in pieno volto; schiacciare play è come farsi una sana scazzottata con un energumeno che pesa trenta chili più di te: sai benissimo che le prenderai ma il tutto ha quel non so che di avvincente ed epico. Cazzate a parte, qui si parla di metallo di bassa lega, ma di quello fatto bene, e il suono catacombale dei Sanctifying Ritual si sposa egregiamente con le atmosfere miserabili che vogliono creare.
È come avere a che fare con una viscida entità palustre, brutta da vedere ma che ha quel non so che di interessante: il sound di questi ragazzi è roba d’altri tempi; niente di strano che, se non ci fosse scritto l’anno di uscita, avremmo immaginato si trattasse di un disco edito trent’anni fa. Un mix tra Merciless, primissimi Slayer e i sempre presenti Venom, più volte intuibili nelle radici di questo massacro sonoro; fonte di ispirazione per molti, ma in questo caso palesata dalla scelta azzeccata di suoni tombali, conditi da un’eco nelle vocals di grande impatto. Produzione analogica, ignorante ma non certo di basso livello, che enfatizza la finalità di questi nove capitoli, che hanno come unico intento quello di far tornare indietro nel tempo l’ascoltatore; un biglietto di ingresso per partecipare al più bieco circo degli orrori, tra cadaveri, zombi e scheletri danzanti. Le cacofonie negli assoli sono semplicemente accessori di abbellimento nel contesto, come lo erano i famigerati centrini delle nonne appoggiati sui mobili di legno impolverati, inquietanti ma pur sempre di buon gusto.
Nei Sanctifying Ritual tuttavia è innegabile il connubio indissolubile tra musica ed emozioni; abbiamo a che fare con un disco dal carattere forte, che va ascoltato a volume esageratamente alto, con alcol di qualità discutibile pronto a essere scolato e rutto libero, magari dentro uno scantinato arredato con un divano impolverato, tv anni ottanta funzionante a cazzotti, frigorifero a malapena decente, mangiacassette sempre bollente, e come accessori gli immancabili poster di donnine consenzienti denudate e miriadi di lattine di birra vuote… dimenticavo l’odore acre di sigaretta persistente.
Effettivamente c’è pure la musica di cui parlare ma chi si è immedesimato in certe ambientazioni sa già dove si va a parare. Possiamo citare la slayerana “Carved In Rotten Remains”, l’oscura e più cadenzata “Stained With Rotten Blood” o la fuori di testa “Abominable Death Rebels”, che rappresentano al meglio le carte che la band si giocherà per governare il mondo e la loro furia cieca, che rifiuta qualsiasi tipo di ammiccamento a mode odierne e clichès vari. Nessun compromesso ma tanta abnegazione verso ciò che fu… e che forse sarà.