Il progetto greco Dark Awake credo non sia sconosciuto a quanti si aggirano nei territori nebbiosi e indefiniti della musica ambient più oscura e rituale. Nati nel 2002 dalla mente di Shelmerdine IV, con il preciso intento di esprimere la sua filosofia esoterica e le sue esperienze magiche, con la partecipazione di Sekte alla voce femminile, i Dark Awake con questo “Hekateion” ci consegnano quello che probabilmente è l’album più monolitico, criptico ed indecifrabile di una discografia ormai piuttosto nutrita. Occulto ed alchemico, “Hekateion” è una sorta di lunga litania dedicata a Hekate, “colei che detiene le chiavi del cosmo”, antica divinità della stregoneria e della necromanzia, rappresentata in triplice forma, terrestre, marina e celeste. Un percorso spirituale in bilico tra industrial plumbeo e marziale, neoclassica e neofolk, con tinte dark ambient dal piglio quasi liturgico: il tutto per mettere in musica la fiera opposizione del nostro alla fredda sterilità del mondo moderno e promuovere il ritorno agli antichi misteri, nel nome di un rapporto fecondo tra uomo e natura, alla riscoperta della perduta saggezza degli avi.
Questo disco si sviluppa in modo davvero radicale e sarà difficile digerirlo anche per gli estimatori di questo genere di sonorità, abituati a rumorismi e stranezze di ogni tipo. Infatti, se è vero che, da un lato, il sentiero seguito non si discosta moltissimo da quello tracciato da indiscussi maestri come Raison D’Être, Aghast, Atrium Carceri e MZ412 (e più in generale i gruppi che negli anni novanta facevano capo alla mitica Cold Meat Industry), è altrettanto vero, dall’altro, che “Hekateion” presenta ben pochi appigli ritmici o melodici ed è tutto concentrato nella celebrazione di una cerimonia pagana nella quale l’ascoltatore è chiamato ad immergersi completamente, non senza sforzo, abbandonando qualsiasi riferimento ad una concezione tradizionale di musica (definizione peraltro molto labile quando ci si muove tra le lande impervie del dark ambient, genere per antonomasia poco confinabile ma che presenta, come ogni altro, strutture e canoni comunque riconoscibili): e basti pensare alla pachidermica title track, con i suoi venti minuti abbondanti di scenari tastieristici minimali, sui quali svetta la voce cantilenante di Sekte che, come una strega invasata, recita senza sosta i suoi incantesimi e le sue formule magiche. Formula che si ripete anche negli altri tre episodi dell’album, dalla breve e leggermente più luminosa parentesi rappresentata da “Erebenne Arkuia Nekui”, alle più articolate “Triformis Dadouchos Soteira” e “Damnomeneia”, sempre rette su lugubri minimalismi, insinuanti come la luce tenue di una notte di luna piena. È quasi superfluo precisare che, con riferimento a un disco di tal fatta, la valutazione numerica è poco più che meramente indicativa, considerato che, più che la musica di per sé, in questo caso è il coinvolgimento emotivo dell’ascoltatore a poter fare la differenza. Come ogni altro lavoro dei Dark Awake, “Hekateion” è adatto ad una fruizione riflessiva ed intimista: in sostanza si tratta di un esperimento, concepito come un tassello in un percorso di ricerca personale ritorto su sé stesso, che non necessariamente deve aprirsi a questo o quel tipo di pubblico.