Gli Slagmark ci hanno preso gusto e, a soli sei mesi dal buon debut album “Purging Sacred Soils”, tornano sul mercato con “Radical Malice”, ep di quattro tracce che prosegue in maniera pressoché identica ciò che i nostri hanno fatto nel recente predecessore. La formula è la solita: old school black metal di stampo nordico, che ricorda in più di un’occasione la scena finlandese per il continuo susseguirsi di melodie molto marcate e dai connotati drammatici; il tutto a velocità sempre sostenuta ma non senza cambi di tempo in corso d’opera. Revenant (Sarastus e Sarkrista) e Valfor (Mavorim e Totenwache) sono lupi di mare navigati e, nonostante siano impegnati in svariati progetti, riescono a garantire una prolificità fuori dal comune, che testimonia quanto questi due personaggi siano coinvolti nella scena estrema underground tedesca. La copertina, tutta nera, con asce, catene e guanti d’acciaio, riassume perfettamente il contenuto di questa release, difficile da valutare in maniera obiettiva: tanta epicità in un contesto scarno, quasi spartano, con canzoni davvero molto simili l’una all’altra, per venti minuti di violenza fuori controllo. “Behold The Raging Darkness” ci dà il benvenuto in maniera abbastanza efficace, con un assalto frontale tra tremolo e blast, dove le melodie di chitarra si intrecciano alla perfezione con le linee vocali, creando un connubio di indissolubile eleganza, seppur danneggiato da una produzione pessima che, come vedremo, è uno degli elementi che influiscono negativamente sul giudizio finale.
La seguente title track cambia l’ordine degli addendi senza mutare il risultato finale: bordate velocissime e gran lavoro di chitarre, seppure zanzarose e abbastanza caotiche, con belle linee vocali acute ma sempre aggressive. Nella terza traccia c’è tempo per far rilassare Valfor dietro le pelli: il drummer svolge un gran lavoro sia di quantità che di qualità, reggendo velocità inumane per lunga parte dell’ep, e in questo pezzo il mid tempo iniziale lascia spazio al più canonico blast solo a metà brano (la canzone poi risulta simile alle altre per come prosegue sino alla fine). La potenza di fuoco viene concentrata ancora nell’ultimo brano, che dà inizio alla battaglia con una primitiva ma piacevole battitura di quattro sul rullante: “Hate Redemption” si muove sulle stesse cordinate delle prime due tracce, con una vena di odio e un flavour misantropico ancora più spiccati ma, effettivamente, potrebbe essere sostituita da una delle altre song e nessuno se ne accorgerebbe.
Giunti al termine del disco alcune domande tempestano la nostra mente, a partire da quale possa essere l’utilità di questa uscita discografica, al motivo che ha spinto il combo a non aspettare di inserire le stesse tracce successivamente in un full length, dandogli così maggiore visibilità, sino ad arrivare al quesito più grande: perchè avvalersi di una produzione totalmente insufficiente che, oltre a danneggiare la resa dei pezzi risulta pure fastidiosa per via dei suoni eccessivamente acuti e la conseguente latitanza del basso, che invece avrebbe dato più corpo ai pezzi? La qualità di questa uscita dal punto di vista compositivo non si discute, così come non si discute la capacità tecnica della band ma, vuoi per la sua somiglianza con il debut album, vuoi per l’eccessiva similitudine tra i pezzi, vuoi per la registrazione mediocre, possiamo consigliare “Radical Malice”solo ai die hard fans del combo tedesco o a coloro che venerano il black metal più ortodosso, dai forti connotati epici, oscuri e melodici. Chi si vuole approcciare agli Slagmark si ascolti pure “Purging Sacred Soil” e non ne rimarrà deluso.