Gli Szary Wilk sono un oscuro trio proveniente dalla Polonia, formato da Reaper alla batteria, Piastyr alla chitarra e al basso, e Czuly alla voce, che approda con questo “Wrath” al traguardo del debutto sulla lunga distanza, sotto l’egida della connazionale Putrid Cult, che si era già occupata della pubblicazione della demo d’esordio della band, “Wrota Chaosu”, uscita nel 2018. Già il titolo del disco e il nome del gruppo, che in italiano significa “lupo grigio”, ci fanno intuire la direzione musicale dello stesso, come del resto la copertina, ben disegnata nel più classico bianco e nero, che raffigura tre famelici e mostruosi lupi mannari alle prese con una carcassa probabilmente appena smembrata, nel bel mezzo di un bosco fitto, al chiarore della luna piena (notare il particolare di classe dell’impiccato all’albero sullo sfondo): siamo infatti di fronte ad un lavoro di tradizionale black metal dalle tinte pagane, che affonda le sue radici nel tipico sound degli anni novanta, riproponendolo con fedeltà anche sotto il profilo della produzione, in questo caso gracchiante e low-fi al punto giusto ma senza mai sfociare nell’incomprensibilità tipica delle registrazioni da cantina. La band cita tra le proprie influenze alcuni capisaldi polacchi del genere, ovvero primi Behemoth e Graveland, Veles, Infernum e Sacrilegium e, fatte le debite proporzioni e senza voler in alcun modo apparire “blasfemi”, direi che l’accostamento ci può stare, perché gli Szary Wilk si dimostrano degni prosecutori di quella scuola, mettendo in mostra un songwriting sicuramente migliorabile (specialmente per quel che riguarda la ricerca delle melodie, che non sempre colpiscono il bersaglio) ma che lascia già intravedere spunti di classe.
Ad esempio l’opener “Mortal” (a mio giudizio il pezzo migliore del lotto che, come si suol dire, vale da solo il prezzo del biglietto) è una song davvero buona: un arpeggio notturno lascia ben presto spazio a linee di chitarra meste e tragiche, che crescono d’intensità fino ad esplodere in un riff dannatamente epico, con varie riprese nel corso del brano; il tutto impreziosito da uno screaming rabbioso e demoniaco (in verità forse un po’ monocorde ma comunque efficace), per oltre otto minuti di pagan black metal d’altri tempi. Questo è in sostanza il trademark della band, che si mantiene costante nella poco più di mezz’ora di durata del disco, durante la quale si passa dal mid tempo quasi ipnotico della già citata opener ad episodi più dinamici e furiosi, come le successive “Behind The Curtain Of Death” e “Mortuos Voco”, canzoni crudeli che al tempo stesso evocano atmosfere mistiche e sinistre, rimanendo sempre con lo sguardo decisamente voltato al passato.
“Wilczy Taniec” è probabilmente la canzone meno riuscita; un brano interlocutorio che senza particolari sussulti ci introduce alla conclusiva title track, altra suite di lunga durata che, pur non toccando le vette della sua “gemella” posta in apertura, si attesta su livelli qualitativi più che accettabili, grazie ad un riffing forse meno incisivo ma più vario e carico del giusto pathos (peccato soltanto per la parte narrata posta circa a metà song, che interrompe in modo inopportuno il coinvolgimento dell’ascoltatore). In definitiva possiamo affermare che “Wrath” è un buon lavoro e magari potrebbe anche diventare negli anni un piccolo oggetto di culto: un disco che non concede colpi di scena sorprendenti e non esce dai consueti schemi ma che in fondo mantiene ciò che promette, alla luce di un’impostazione tetragona e coerente; e questo, in un panorama underground sempre più affollato da proposte ridondanti e pleonastiche, è già un buon punto di partenza.