“Si tratta di un uomo, un cane e un bambino. Non so se siano la stessa cosa o se sia un’allegoria. Non mi interessa”. Con queste poche e criptiche parole i Dødehender, che si presentano con un logo realizzato niente meno che da Christophe Szpajdel, spiegano il concept, invero assai onirico e lasciato alla libera interpretazione dell’ascoltatore (sembra esserci di mezzo anche una maledizione), che sta dietro a questo “A Cursed Child Made Careless Mistakes In A Place Laden With Memories”, breve debutto dal titolo chilometrico per questo duo nostrano, formato dal batterista Självmordshund e dal chitarrista Svarthünd, per l’occasione coadiuvati da Volinor al basso e Desperat alla voce, uscito per la semisconosciuta etichetta Callisto Records sul finire dello scorso anno. Un approccio che pare puzzare di vecchio e rifarsi ad un certo tipo di black metal dei tempi andati, che mi ha personalmente affascinato e anche sorpreso, in quanto, contrariamente a ciò chi mi aspettavo a tutta prima, la produzione del disco è di ottima fattura e ci restituisce suoni potenti e nitidi, esaltando la ferocia della proposta ed il riffing per nulla scontato dei nostri, oltre alle vocals belluine e tuttavia molto espressive del singer, senza peraltro perdere un’oncia del piglio underground che un prodotto di questo genere deve comunque mantenere. Il sound dei nostri è, ad una prima impressione, accostabile a certo black svedese, soprattutto per la violenza senza compromessi della musica, che però ad un ascolto più attento non sembra insistere su quelle marcate soluzioni melodiche che da sempre rappresentano un marchio di fabbrica del metallo nero made in Sweden. Più che altro la musica dei Dødehender, caratterizzata da linee chitarristiche che si susseguono a velocità parossistiche, efficacemente accompagnate da colate di blast beats senza soluzione di continuità, parrebbe influenzata soprattutto da gruppi norvegesi come 1349, Djevelkult o Nordjevel, e perfino dai vecchi Emperor, prima che le tastiere acquisissero un ruolo così importante nell’economia del loro sound.
Ciò che colpisce, insieme all’impatto devastante (solo la parte iniziale della conclusiva “The Cursed Dog Has Stopped Trying To Think Through The Winds Of Death” ha un andamento più cadenzato, che tuttavia lascia ben presto il posto al consueto assalto alla baionetta), è la capacità della band di adottare soluzioni strumentali mai banali e assolutamente dinamiche, che esplodono con soverchiante aggressività, mettendo al contempo in mostra ottime doti tecniche. Certo, poco più di dieci minuti non è molto per giudicare una band ma, se il buon giorno si vede dal mattino, possiamo tranquillamente affermare che i Dødehender sanno il fatto loro e, pur percorrendo un sentiero già battuto, lo fanno con personalità, dimostrando oltre tutto di poter avere anche ulteriori margini di miglioramento in fase di songwriting. In definitiva, se amate il black metal violento ed intricato (ma non cervellotico) e le atmosfere glaciali e sferzanti tipiche della tradizione nordica, allora date una possibilità a questo dischetto e a queste canzoni, che parlano di un uomo, di un cane e di un bambino.