Dai più oscuri e reconditi anfratti dell’underground transalpino, sotto l’egida della piccola etichetta indipendente Vetus Capra, in formato cd e in edizione rigorosamente limitatissima (sole cinquanta copie), ecco arrivare la demo di debutto dei Vipère, ensemble francese di recente formazione, composto da due brutti ceffi che rispondono agli pseudonimi di Sans-Visage e Saros. “Sombre Marche” è una veloce scheggia impazzita di raw black metal sporco e rumoroso, che si salva per un soffio dall’anonimato nel quale normalmente finiscono i prodotti di questo tipo, grazie soprattutto ad una certa “fantasia compositiva”: termine da prendere con diverse paia di pinze, in quanto si resta ampiamente nell’ambito di sonorità ben note e tradizionali, ma i nostri giovani amici d’oltralpe, pur pagando un pesante quanto inevitabile tributo agli anni novanta sotto ogni aspetto, dal songwriting alla registrazione, riescono a diversificare la loro proposta quel tanto che basta per non risultare assolutamente prevedibili e scontati. E così veniamo subito travolti dal black massicciamente imbastardito da grandi quantità di punk-grind dell’opener “Multiface”, canzone martellante e vicina agli Impaled Nazarene prima maniera che, con i suoi due minuti di durata, è un discreto pugno nello stomaco e mette immediatamente le cose in chiaro: i Vipère non vanno tanto per il sottile e non si tirano certo indietro se c’è da picchiare come degli indemoniati.
La seguente “Octobre Noir” si attesta su ritmi più lenti e cadenzati ed appare in qualche modo più ragionata, almeno nella sua parte iniziale, in quanto successivamente anch’essa deflagra in un’insana manifestazione di violenza sonora. “Inégalités De Bell” è forse il brano più interessante del lotto (e anche il più casinaro) perché sconfina nei territori pericolosi ed impervi dell’industrial-noise, per terminare con una coda acustica che ci conduce alla conclusiva title track, episodio strumentale stranamente rilassato e dal sapore folk, con tastiera, flauto e chitarra acustica che pongono fine al delirio, mantenendo però viva un’atmosfera sospesa ed inquietante.
La produzione, come si può facilmente intuire, è di quelle ruvide e cantinare, ma non risulta inutilmente caotica, mentre lo screaming, pur mantenendosi nei binari della classicità, riesce a tratti ad acquisire una sua qualche specificità nei momenti in cui le urla si fanno più folli e disumane. In definitiva la demo funziona, forse anche a causa del suo minutaggio piuttosto contenuto: se amate il black più ruvido ed abrasivo, tipo esplosione nucleare, ma non privo di un certo tocco morbosamente atmosferico, qui potrete trovare qualcosa che potrebbe fare al caso vostro.