Nuova uscita in casa Mourning Soul, realtà siciliana che infesta l’underground italico ormai da una quindicina d’anni. Come tutti sapete la Sicilia, terra assolata e ricca di folklore e mistero, ha dato i natali a molte band black metal, che hanno cercato di reinterpretare in vario modo il genere, in alcuni casi esaltando la propria specificità “territoriale”, in altri recuperando stilemi musicali ed estetici più propriamente nordeuropei. A questo secondo filone si potrebbe accostare il progetto Mourning Soul: nato come one man band del solo Sacrifice (anche in Rovina e SID) è in seguito divenuto un gruppo a tutti gli effetti con l’entrata in pianta stabile nella line up di Nocturnal Fog alla batteria e Decrepit alla chitarra. Le prime uscite di Mourning Soul (ad esempio le demo “An Abyss Called Life” e “…Lost”, così come lo split in compagnia dei cinesi Original Sin, tutto materiale uscito tra il 2005 e il 2007) erano infatti legate a doppio filo alla tradizione del raw black metal di scuola norvegese, così come abbiamo imparato a conoscerlo dalla metà degli anni novanta in poi, caratterizzato dal classico sound glaciale, con qualche apertura melodica e le consuete atmosfere necrotiche. Con la trasformazione da progetto solista a band a tutti gli effetti le cose sono un po’ cambiate in casa Mourning Soul e questo cambiamento (chiamiamolo pure evoluzione, se credete), già percepibile nel precedente full length “Ego Death-Ritual I”, pubblicato nel 2016, è ancora più evidente in questo nuovo “Chaosophy-Ritual II”, che del suo predecessore sembra rappresentare la logica continuazione in termini lirici, stilistici ed estetici.
Già il cover artwork e i titoli dei pezzi fanno intuire un certo avvicinamento al filone così detto “religious”, esploso proprio nella prima metà degli anni duemila, grazie a dischi come “Si Monvmentvm Reqvires, Circvmspice” dei francesi Deathspell Omega o “Salvation” degli svedesi Funeral Mist (e diversi altri, specie in terra francese): qui non si raggiungono le vette di blasfema perversione sonora di quei lavori e neppure la loro complessità compositiva ma è abbastanza agevole individuare nei pezzi contenuti in questa nuova fatica dell’ensemble italiano più di un riferimento a quel modo di intendere e suonare black metal, che resta ad ogni buon conto un discendente diretto di “De Mysteriis Dom Sathanas” dei Mayhem.
È un accostamento che mi è venuto naturale all’ascolto e che ovviamente qualcuno potrebbe trovare opinabile: i Mourning Soul tengono comunque fede ad un approccio criptico ed esoterico, scevro da influenze esterne al black metal (anche se in alcuni frangenti si può assaporare un certa, vaga, atmosfera più death-oriented), che si sostanzia in canzoni mediamente piuttosto lunghe ed articolate, focalizzate soprattutto sulla descrizione di paesaggi infernali, attraverso un approccio particolarmente ossessivo e vorticoso, direi ipnotico. Riffing distorto ma serrato e granitico, velocità quasi sempre molto sostenute, vocals demoniache, qualche rallentamento soffocante e intriso di zolfo, liriche che sembrano incentrate su un concept “filosofico” e in ogni caso distanti dalla più classica blasfemia a buon mercato: queste sono in estrema sintesi le caratteristiche essenziali di questo album, che si delineano già a partire dall’opener “(OBEDIENCE) Spiritual Disease” e che ritroveremo pressoché invariate nel prosieguo del disco. Su questi elementi portanti i Mourning Soul costruiscono la loro piccola cattedrale black, tenendosi ben lontani da ogni tentazione modernista e inserendosi in pieno nel solco di quella tradizione che ho cercato di descrivere più sopra.
Riescono i nostri a fornire una rilettura personale di quelle sonorità? Non credo di poter affermare che sotto questo aspetto l’obiettivo sia completamente raggiunto; “Chaosophy-Ritual II” non brilla certo per originalità e le soluzioni adottate risultano tutt’altro che nuove, anche se è indubbio che il combo siciliano riesca ad imbastire un discorso coerente attraverso canzoni che sprigionano un alone mistico e decisamente infernale. Forse per emergere in maniera più netta sarebbe necessario qualcosa di diverso. I blacksters più integerrimi potranno comunque trovare spunti interessanti in questo disco in tutto e per tutto “di genere”.