Spesso capita che le copertine dei dischi siano affini alle sensazioni che trasmettono le canzoni ma nel caso degli Udånde il discorso è diverso. Una terra devastata, con in primo piano la lava bollente che fuoriesce da un vulcano, non rappresenta ciò che le sette composizioni di “Life Of A Purist” ci trasmettono. Il platter in questione, disco d’esordio di questa one man band danese, ma trapiantata a Bratislava, è il classico disco che ti lascia smarrito circa un’ipotetica definizione univoca del genere proposto e ti spinge a dire, in maniera generica, “si tratta di un disco black metal”. Ed effettivamente che si tratti di black metal è indubbio, considerati gli stilemi canonici del genere, ma il mastermind Rasmus Ejlersen, in questi quaranta minuti, riesce a descrivere in maniera sufficientemente precisa il suo modo visionario e variegato di intendere il metal estremo. Le composizioni di “Life Of A Purist” sono a tutti gli effetti una concretizzazione di ciò che può essere definito come un black metal di matrice classica, in un’ottica moderna, ma senza mai perdere di vista il suo aspetto più underground, influenzando le sonorità con elementi atmosferici e drammatici, sporcati da influenze post black e soluzioni chitarristiche quasi shoegaze, anche se con uno sguardo sempre rivolto a quella che fu la famosa seconda ondata scandinava. Elemento fondamentale del disco è l’atmosfera che, come dicevamo all’inizio di questo articolo, si distacca, per le emozioni espresse, dalla claustrofobia apocalittica della cover, riuscendo a trasmetterci sensazioni di spazio, libertà e infinito quasi incontaminato. Le chitarre ricoprono un ruolo fondamentale, grazie al loro incessante riffing, che per tutto il disco tende ad essere al limite dell’ipnotico anche se, per riuscire nel loro intento, penalizzano un po’ sia le linee vocali sia la batteria, a cui una produzione non del tutto all’altezza, che crea in alcuni momenti confusione sonora non da poco, non riesce a rendere completamente giustizia.
Sentimenti di malinconia sono però espressi in maniera molto efficace, andando a colpire, canzone dopo canzone, l’umore di chi ascolta, generando emozioni oscure e una certa insicurezza di fronte a uno spazio del quale non si vede la fine. Effettivamente l’album stesso è un concept album basato su un “io” narrativo che è torturato dai quattro elementi (fuoco, acqua, aria e terra), poiché lui, come rappresentante dell’umanità, non è riuscito ad adattarsi ai cambiamenti nel mondo.
Il lavoro espresso dal nostro tuttofare, qui artefice di tutte le chitarre, delle linee di basso e di tutti i testi, è di elevata fattura e non fa emergere momenti di stanca, riuscendo nell’intento di raggiungere picchi qualitativi notevoli come nella traccia “II” e nella visionaria “IV”, primo singolo del disco e autentica perla nera che ci trasporta negli infiniti spazi incontaminati di oceani di lacrime. Forse ascoltare “Life Of A Purist” non risulterà per nessuno una passeggiata, considerato che si tratta di una proposta ostica, che spesso rasenta l’ossessivo e che non viene aiutata da una produzione tutt’altro che comprensibile, ma è innegabile che gli Udånde riescano a trasmettere sensazioni forti, facendo convivere in maniera eccellente tradizionali elementi classici con ammiccamenti futuristici e varie influenze esterne al panorama estremo propriamente detto. Un notevole debutto, che fa ben presagire per ipotetiche uscite future.