Proseguiamo la nostra esplorazione dell’underground metallico lusitano, quello più lurido, marcio e cantinaro, e questa volta prendiamo in considerazione i Ruach Raah, due terroristi sonori (all’inizio della loro carriera erano un trio), che da circa una decina di anni vomitano sull’umanità il loro odio iconoclasta e senza compromessi, a suon di harsh black metal marziale, sgraziato, sporcato da bastardissime influenze punk, impreziosito da testi tutti Satana e misantropia e dal più classico approccio “no mosh, no fun,etc…”. Questo “Misanthropic Wolfgang” rappresenta la loro terza fatica sulla lunga distanza (oltre alla consueta manciata di split ed ep), esce sotto l’egida dell’onnipresente Signal Rex ed ovviamente non cambia di una virgola le coordinate stilistiche della loro proposta che, c’è da giurarci, rimarrà probabilmente invariata nei secoli dei secoli. Se il sole splende e vi siete svegliati di buon umore, questo cd è il giusto antidoto per rovinarvi la giornata e ricordarvi che la vita fa schifo: nove pezzi pressoché indistinguibili l’uno dall’altro, nove assalti belluini orgogliosamente monolitici, nove pugni nello stomaco sparati a velocità assassina, che colpiscono il bersaglio grazie ad un sound incredibilmente regressivo e grezzo, senza alcuna concessione a tecnicismi di sorta e senza nessun orpello in fase di produzione, con una registrazione essenzialmente in presa diretta.
Il riffing è primitivo e zanzaroso, la batteria fa tu-pa tu-pa senza sosta e lo screaming è il rantolo di una bestia ferita, che si contorce nel dolore. Vi basta? Ovviamente possiamo azzardare tutti gli accostamenti del caso, cha vanno dai primi Celtic Frost ai Darkthrone del periodo “true norwegian black metal”, passando per la furia distruttiva di acts come Ildjarn e Bone Awl e il piglio alcolico dei Gehennah, ma si tratta di riflessioni che lasciano sostanzialmente il tempo che trovano perché, al di là delle influenze (che ci sono e sono innegabili), la musica dei Ruach Raah fa dell’attitudine arrogante e sguaiata la sua arma migliore (e forse l’unica) e per questo è una musica che va fruita “di pancia”, senza troppi sofismi e con la giusta dose di menefreghismo (e di birra).
E sì, l’ho detto, le canzoni sono in pratica tutte uguali ma alcune hanno davvero un bel tiro e risultano perfino orecchiabili (termine da prendere con molte pinze), come ad esempio l’opener “Ceremonial Flagellation” e l’ultra-punkeggiante “Filthy Spirit Underground”, all’ascolto delle quali è veramente impossibile non muovere la testa con espressione compiaciuta alla Phil Anselmo. Insomma questi criminali portoghesi il loro sporco lavoro lo sanno fare piuttosto bene e nel loro parossismo autarchico e minimalista riescono a mantenere intatta quella magia old school che ci piace tanto. Se non avete grandi pretese è un ascolto consigliato. Delicatissimi.