A quattro anni di distanza dall’ultimo “Altar Of Fear” tornano alla carica i piemontesi Lilyum con questa nuova fatica di quella che ormai è una lunga carriera, con svariati full length ed altre uscite alle spalle. In realtà la band si era sciolta nel 2018 ma ora riprende vita come duo formato da Kosmos Reversum e Lord J.H. Psycho, che hanno sempre costituito lo “zoccolo duro” della line up, e ci propone un lavoro che cambia qualche carta in tavola rispetto al suo predecessore, pur restando a grandi linee nel recinto di certo black metal dal sapore vintage. “Circle Of Ashes” innanzi tutto è caratterizzato da suoni molto cupi e ovattati, come se una pesante coltre di polvere (anzi di cenere, per restare in tema) si fosse posata sulla strumentazione: una registrazione impastata che ci restituisce immediatamente un feeling claustrofobico ed ossessivo ed una patina che potrei perfino definire “industrial”. E infatti durante l’ascolto il mio pensiero è spesso andato ai Mysticum e al loro seminale “In The Streams Of Inferno”, album al quale quest’ultimo parto dei Lilyum potrebbe essere in qualche modo accostato, così come, in misura minore, al fondamentale (almeno per me) e ingiustamente bistrattato “Rebel Extravaganza” dei Satyricon: e questo non solo per il sound dell’album ma anche per lo screaming (peraltro decisamente sofferto e tutt’altro che monolitico) molto effettato e filtrato in diversi passaggi e per alcune soluzioni più “moderne” che la band adotta qua e là, come i brevi intermezzi rumoristici o la garbata ma ficcante intrusione elettronica nel bel mezzo di “Through Vaults Of Wounded Lights”, che ci fa capire come i nostri amici non si facciano troppi problemi quando è il caso di sacrificare parzialmente la fedeltà all’ortodossia nel nome dell’efficacia espressiva.
Certo l’aggettivo “moderno” va inteso con ogni possibile cautela: al di là di queste piccole concessioni infatti i Lilyum restano una band old school black metal a tutti gli effetti ma è proprio la particolare resa sonora, unita ad una certa varietà strutturale, a fare la differenza e a permettere a questo disco di distinguersi da altri prodotti che pescano nello stesso (vastissimo) bacino di influenze. Se volessimo continuare con gli accostamenti (del tutto opinabili ma irresistibili per noi scribacchini e forse utili per rendere l’idea di cosa andremo ad ascoltare), si potrebbero tirare in ballo perfino i vecchi Countess: il riffing che si fa spesso e volentieri serrato e marziale, la batteria che accompagna con il classico tu-pa tu-pa, così come l’andamento da oscura cavalcata di alcuni passaggi dell’album, sono tutti elementi che strizzano l’occhio alla creatura di Orlok e in particolare a lavori come “Heilig Vuur”, “Holocaust Of The God Believers” e simili.
Ma non vorrei fare un torto all’ensemble nostrano citando troppi nomi e facendo passare in qualche modo il concetto che questo disco manchi di personalità perché non è affatto così, anzi: i Lilyum dimostrano di avere le idee ben chiare e se si lasciano (forse) suggestionare da questa o quella band (com’è in parte inevitabile) lo fanno con cognizione di causa e nell’ambito di una visione d’insieme funzionale, che del resto li ha portati nel corso degli anni a dare alle stampe lavori sempre abbastanza vari ma in fondo uniti da un filo conduttore coerente. E indubbiamente l’esperienza fa la sua parte in tutto questo: basti porre attenzione al lavoro dietro le pelli, così preciso, puntuale e fantasioso, davvero notevole a mio giudizio. È inutile dilungarsi oltre, anche perché “Circle of Ashes”, tra le altre qualità, possiede quella di saper prendere allo stomaco l’ascoltatore e di trascinarlo nel suo tunnel nero senza troppe e cervellotiche raffinatezze. I Lilyum sono tornati e mettono in mostra buonissime doti di scrittura, dandoci in pasto un disco che resta molto classico nella sua essenza ma riesce in qualche modo a gettare un ponte tra “vecchio” e “nuovo” ponendosi un gradino sopra la media generale della concorrenza: l’ascolto è quindi senz’altro consigliato!