Ci deve essere qualcosa di strano in Canada, e in particolare in Québec. Sarà lo sciroppo d’acero, sarà la poutine o l’aria frizzantina del mattino, fatto sta che da lì provengono un sacco di bands assetate di sangue, pronte a riversarci addosso la loro violenza in musica come una bomba da 666 megatoni. Della cricca fanno sicuramente parte anche gli Hak-Ed Damm, dei quali ci siamo già occupati in occasione dell’uscita della demo d’esordio “Black Tortured Metal” e di “Execrated”, split in compagnia dei danesi Blackhorned. I nostri sono un allegro quintetto, hanno preso il moniker dal nome ebraico di un luogo di Gerusalemme associato a Giuda Iscariota (precisamente Hak-Ed Damm significa “campo di sangue”) e con questo “Destructio Purificalis”, che si presenta con una copertina decisamente romantica a base di missili e patonza, sono giunti al non disprezzabile traguardo del terzo album, oltre ad una manciata di split, in poco meno di quindici anni di attività. Non si tratta quindi di novellini, e si sente. Gli Hak-Ed Damm sanno indubbiamente suonare e mettono la loro esperienza al servizio di un album sì ferale e violentissimo ma ben scritto, che evidenzia anche una certa perizia tecnica, oltre alla capacità di comporre pezzi aggressivi ma piuttosto vari e strutturati in maniera quasi chirurgica, che non scivolano mai nella cacofonia fine a sé stessa ma restano ancorati ad una forma canzone che permette ai nostri eroi di esprimersi al meglio. E ciò anche grazie ad una produzione assolutamente professionale: l’album è stato mixato da Mick Kenney, alias Irrumator degli Anaal Nathrakh, ed ha nella registrazione pulita e potentissima, che consente di apprezzare appieno le trame chitarristiche e il dialogo serrato tra basso e batteria, uno dei suoi indiscutibili punti di forza.
Ma si tratta pur sempre di un disco brutale ed aggressivo come un fuoco d’artiglieria senza soluzione di continuità, che viaggia dalle parti di Marduk, Endstille, 1349 e compagnia, come l’ensemble canadese non manca di sottolineare a suo modo, dandoci anche qualche delucidazione sul concept: “il battaglione è orgoglioso di rivelare l’imminente arrivo della nostra nuova carneficina nucleare! “Destructio Purificalis”, un’opera distopica in otto capitoli sull’apocalisse nucleare composta prima della pestilenza e registrata durante le sue ore più buie”. Et voilà, il massacro è servito: un massacro che rafforza quello che è sempre stato il trademark della band fin dagli esordi e al tempo stesso si pone su un gradino più in alto rispetto ai precedenti lavori e anche rispetto a gran parte della concorrenza.
L’opener “Triomphe De La Mort” mette immediatamente le cose in chiaro: dopo una breve introduzione con classico colpo di pistola e un bel “fuck you” in evidenza, parte come un panzer a tutta velocità, mescolando riff muscolari, blast beats come se piovesse ed un ottimo refrain che rende il pezzo riconoscibile. Una formula che ritroviamo spesso nel corso del disco, unita alla notevole prova vocale del cantante Winterthrone, che urla come un forsennato, scartavetrando la sua ugola ai limiti dell’umano (se ci sono degli effetti sono ben amalgamati nell’insieme): ascoltare per credere ad esempio “Le Clan De Cannibales”.
Altra carta vincente è la potenza della sezione ritmica, esaltata dalla produzione azzeccata di cui si parlava poco prima: il basso di MoRZ pulsa che è un piacere ed accompagna l’ottimo lavoro dietro alle pelli di Silencer, che picchia come un fabbro ma si rende anche protagonista di variazioni di tempo impeccabili, facendo sembrare del tutto naturali anche i passaggi più complicati. E così vengono fuori brani carichi di un groove assassino e schiacciasassi, come “Desert De Sang”, caratterizzata anche da arroganti influenze punk/black n’ roll che non stonano affatto nel contesto, e soprattutto la marziale e ieratica “In Nomine Sanctae Mortis”, suite di quasi otto minuti che con i suoi cori monastici si guadagna a mio giudizio la palma di miglior canzone del lotto. Segnalo anche la seguente “Errance”, brano decisamente epico e di più ampio respiro, nel quale emerge in maniera più evidente un certo piglio melodico che comunque la band si porta dietro sottotraccia per tutto il disco. Cosa dire in conclusione? “Destructio Purificalis” è un lavoro solidissimo, senza pecche apparenti, dove tutto funziona a meraviglia: la dimostrazione che, pur rispettando determinati canoni stilistici ed estetici, si può comunque dare vita a qualcosa di personale. Assolutamente promosso.