Nuovo progetto che puzza di “vecchio e marcio” come non mai, i Predictor vengono dalla Germania e sono un duo formato dal cantante/chitarrista Lord Noctifer e dal batterista Cryptic Tormentor (già in Ungod e Baxaxaxa, di cui recentemente abbiamo recensito lo splendido full length di debutto “Catacomb Cult”). I nostri amici sono usciti dalle bare impolverati, ricoperti di ragnatele e pure un po’ putrefatti, ed hanno esordito lo scorso anno con una lurida demo di quattro pezzi di old school black metal che ha quasi immediatamente attirato le attenzioni di quei ragazzacci brutti della Iron Bonehead Productions, che ovviamente non hanno perso l’occasione per imprimere il proprio marchio su questa band tutta riff vecchia scuola e invocazioni al maligno, l’ennesima realtà interessante facente parte della scuderia della sempre più attiva etichetta tedesca. “…Thus Spoke Death” è un buon mini, che non cambia le carte in tavola e contribuisce a definire le coordinate stilistiche del gruppo, consolidando i Predictor nel loro status di band underground che volge assolutamente lo sguardo al passato, e precisamente agli ormai mitologici anni novanta, con suggestioni ed influenze che restano in equilibrio precario tra Norvegia, Grecia ed Europa centrale, senza che nessuno di questi “filoni” riesca effettivamente mai a prendere in maniera decisa il sopravvento: il che è senz’altro un bene e contribuisce alla freschezza compositiva ed esecutiva del lavoro, rendendolo in certa misura “imprevedibile” (aggettivo ovviamente da prendere con le pinze).
I riferimenti possono andare dai primi Mayhem ai vecchi Samael, dai Behemoth degli esordi ai vecchi Root, per fare alcuni nomi noti e rendere l’idea di cosa ascolteremo una volta premuto il tasto play: i Predictor pascolano in questo recinto e non ne vogliono uscire, tra chitarroni mortiferi, atmosfere cimiteriali e la più classica delle registrazioni ruvide ed artigianali, che mantiene però quel filo di pulizia necessaria ad evitare l’effetto “pastone incomprensibile” ed a rendere apprezzabili le trame e le strutture organiche che i nostri eroi costruiscono intelligentemente, con pochi ingredienti e con disarmante naturalezza, restando sostanzialmente fedeli ad una forma canzone tradizionale, che certamente favorisce la fruibilità e l’immediatezza di un ep già di per sé dalla durata abbastanza contenuta.
Ed è così che nascono pezzi semplici e lineari ma dannatamente efficaci, come l’opener “Path To Megiddo part. II” (seconda parte di una canzone apparsa sulla prima demo), ben amalgamata tra passaggi più rallentati e scoppi improvvisi di violenza isterica, o la successiva, violenta e sulfurea “Black Altar”, o ancora “Infernal Goat Squadron”, forse il brano migliore del lotto, dove la band stacca il piede dall’acceleratore e dà sfogo al lato più sinistramente epicheggiante e malevolo della propria musica. In questo quadro generale anche la cover finale di “Ave Master Lucifer”, classico dei polacchi Besatt (altra band che potrebbe essere annoverata tra le influenze dirette del gruppo), ha il suo perché e si inserisce perfettamente in un contesto di fondo coerente. I Predictor conoscono i propri limiti e non pretendono di inventare niente; non vogliono strafare ma quello che suonano lo suonano con passione e cognizione di causa (l’unico episodio leggermente più debole, a mio giudizio, è la centrale e meno ispirata “Vanquished Decay”). Satana comunque è soddisfatto e sicuramente acquisterà il cd e forse anche la tape: sono curioso di sentirli alla prova del fuoco del full length ma già questo mini potrebbe avere tutte le caratteristiche per diventare tra qualche anno un’uscita di “culto”.