La compilation per alcuni è un formato ormai superato. Eppure questo tipo di uscite è ancora utile, specialmente in ambito underground, perché consente di far conoscere realtà emergenti attraverso una vetrina focalizzata su questa o quella scena. E non dimentichiamo che proprio alcune compilation hanno fatto la storia del metal, restando scolpite a caratteri dorati nel libro del genere: è il caso della celeberrima “Metal For Muthas” che nel 1980 presentò al mondo, tra gli altri, Iron Maiden, Angel Witch e Praying Mantis, dando il via all’esplosione dell’allora nascente NWOBHM, vendendo peraltro molto bene e consentendo ai gruppi coinvolti di partire in tour; oppure della forse meno nota, ma altrettanto significativa nel suo contesto, “Scandinavian Metal Attack”, che vide coinvolti i Bathory e nel 1984 fu testimonianza e fece da rampa di lancio per la scena underground scandinava del periodo. Ed è con questo spirito un po’ vintage che credo sia stata concepita “A Time Of Sorrow”, che esce grazie ad una collaborazione tra Ocularis Infernum, Black Tears Label, Wine&Fog Distribution e Nadir Music e ci offre uno sguardo d’insieme sull’attuale universo metallico estremo tricolore, con l’eccezione dei Forsaken Legion, svizzeri del Canton Ticino, comunque vicini di casa e direi quasi italiani d’elezione, mescolando canzoni contenute in passati lavori dei vari progetti coinvolti ed alcuni pezzi inediti, scritti apposta per questa compilation (e il caso di Angel Of Anger, Desecrate, In Autumn, Humangled, Downhanash e Obscurum Malum). Ma andiamo con ordine. Ad aprire le danze sono i Natron, realtà consolidata dell’underground di casa nostra, con ben sei albums alle spalle. “Undead Awake”, tratta da “Grindermeister”, ultimo lavoro in studio della band pugliese, risalente all’ormai lontano 2012, riprende il loro classico death metal ultra tecnico e decisamente intricato ed è un trionfo di cambi di tempo, stop e ripartenze fulminee, con un vocione in grow cavernoso che conferisce al pezzo un tocco di grezzume in positivo contrasto con un approccio strumentale di pregevole fattura: i fans dei vari Suffocation, Cryptopsy e Sinister potranno andare tranquillamente in estasi.
È quindi la volta degli emiliani Angel Of Anger, band che ha all’attivo l’omonimo ep del 2008 e che con “Ars Moriendi” ci propone una canzone piuttosto sui generis, una sorta di black/death metal pesante e roccioso, con mefistofelici accenni doom/gothic, caratterizzata da un groove plumbeo e cimiteriale. Ciò che colpisce fin dal primo ascolto è la particolarissima voce della singer Andred: con il suo timbro acuto e stridulo, da strega arsa sul rogo, marchia a fuoco un brano che conserva intatto in ogni suo aspetto, dalla struttura alla registrazione, un feeling decisamente vintage.
Con i veneti In Autumn ci si inoltra ulteriormente lungo i sentieri di un sogno grigio e nostalgico, sostanzialmente in linea con quanto la band ci ha fatto ascoltare nei due album finora prodotti. In “What’s Done Is Done” l’atmosfera si fa malinconica e mesta: il vocione in growl disegna paesaggi scoloriti sullo sfondo di un doom con influenze gothic (direi quasi alla Paradise Lost) e piacevoli squarci melodici, completando così il quadro di un brano roccioso, ammantato dai tenui colori dell’autunno.
Si cambia improvvisamente registro con i Desecrate, band ligure non di primo pelo (sono attivi dagli anni novanta e hanno pubblicato tre album), che sembra volgere il proprio sguardo alle fredde lande svedesi. “Burning Books” infatti è un brano di death metal melodico molto energetico, sicuramente debitore dei primi Dismember ma senza rinunciare a qualche tentazione più moderna, un po’ sulla scia dei Dark Tranquillity dell’accoppiata “Projector” / “Haven”: buone melodie, tastiere ben equilibrate ed un groove trascinante sono i pilastri di quella che a mio giudizio è una delle canzoni meglio riuscite della compilation.
Si continua a guardare al Nord Europa ma si cambia decisamente registro con i Forsaken Legion, come detto unica band straniera presente. Il loro è un buon black metal sporcato da influenze thrash e caratterizzato da un andamento epico che riecheggia gli Immortal del periodo mediano, in particolare quelli di “Blizzard Beasts” e “At The Heart Of Winter”, e infatti anche il cantato gracchiante da orco può ricordare lo stile di Abbath: “Inner Shadow” conferma le potenzialità del gruppo elvetico e le buone impressioni suscitate dall’ultimo “Bloodline”, uscito nel 2019, dal quale appunto il brano è tratto.
Restiamo entro gli oscuri confini del black con i Gorepest, band ligure che vede coinvolto il mastermind del progetto Cronoth, anch’esso presente in questa compilation, e che ha all’attivo due ep. “Ceremony Of Xul” ci propone un black metal con venature death e thrash, violento ed atmosferico al tempo stesso: un pezzo ben suonato, con una struttura solida ed arrangiamenti eleganti, capace di catapultare l’ascoltatore nella seconda metà degli anni novanta, quando il black metal usciva dall’underground e conquistava l’audience estrema.
Si cambia invece decisamente registro con i toscani Humangled, ensemble attivo da diversi anni e con alle spalle due full length. “Wallstreetcleaner” è un ottimo pezzo, direi uno di quelli che è riuscito a coinvolgermi maggiormente: death metal muscolare e quadrato ma sporcato da vaghe influenze grind-punk, che danno un tiro micidiale a questi tre minuti circa carichi di un groove ruvido e assassino.
Si torna quindi al black metal, anzi all’alpine black metal, come lo definiscono loro, con gli Stormcrow, veterani della scena che ci ripropongono quello che forse è il brano più rappresentativo della loro ultima fatica sulla lunga distanza (“Face The Giant”, uscito nel 2019) e probabilmente di tutta la loro carriera, almeno finora. “Nanga Parbat” è un pezzo integerrimo, di impatto ma tecnicamente curato, con inevitabili richiami alla scuola svedese, come nello stile del gruppo milanese fin dagli esordi. Per maggiori approfondimenti sul concept del loro ultimo album vi rimando all’intervista apparsa sulle nostre pagine virtuali qualche tempo fa.
Ed è ancora tempo di black metal, di quello grezzo e tagliente, con i perugini Orve, anche loro con due ep all’attivo, oltre ad uno split. “Unmasking The Lamb” è caratterizzata dal classico riffing abrasivo e gelido, ossessivo ed oscuro, di matrice fondamentalmente norvegese, o comunque scandinava. La tipica canzone da “prendere o lasciare”: suona come da copione ma è una vera rasoiata, di quelle che colpiscono alla gola, e non si può certo dire che la band non sappia il fatto suo.
Anche i friulani Kryptonomicon, che un paio di mesi fa hanno pubblicato il loro esordio sulla lunga distanza, “Neckromantikos”, non si risparmiano di certo in quanto ad impatto e violenza. “The Experiment Of Dr. K.” (che rimanda al celebre film fanta-horror del 1958 di cui “La Mosca” di Cronenberg può essere considerato il remake) infatti è un pezzo davvero trascinante, nel quale un black/death metal ficcante è imbastardito da venature quasi punkeggianti alla Impaled Nazarene e vagamente motörheadiane ed incorniciato da un cantato filtrato che nel contesto del brano non stona affatto, anzi: una bella fucilata.
Si torna quindi all’oscurità del metallo nero con la one man band Cronoth. “Uncrowned King”, title track del full length di debutto uscito nel 2019, è un buonissimo esempio di black metal melodico di scuola finlandese, con influenze darkthroniane: un pezzo furente e tempestoso, con le tipiche chitarre dal suono stridulo e l’ancor più tipica registrazione sporca; una delle tracce che personalmente ho apprezzato di più, pur nella sua prevedibile classicità.
Proposta più particolare è invece quella dei bolognesi Seraphs From Hell, che con la loro “Cynical Raid” si districano tra stop e ripartenze, pescando qualcosa da certo death/thrash che potrebbe chiamare in causa gli In Flames dei tempi andati e riuscendo a coniugare violenza compositiva e buona tecnica esecutiva.
Tecnica che non manca nemmeno ai genovesi Dowhanash, che hanno da poco pubblicato il loro ep di debutto “From The Ashes” e che definiscono il loro stile “Draco metal”. “O.N.W.O.” mette in mostra un death metal dalle strutture non banali, dal piglio moderno e dalla resa davvero potente: un pezzo adrenalinico, da headbanging assicurato.
La chiusura è affidata ad Obscurum Malum, progetto solista che non ha sostanzialmente cambiato il proprio approccio genuino ed essenziale dai tempi della demo di debutto “Crypta Vox”, che risale al 2005, pur spaziando tra stili e sonorità differenti ed adattando il black metal degli esordi ad un concept dal gusto folk, che recupera tradizioni e leggende locali. E “Phantasma” si inserisce in questa visione: un pezzo sciamanico ed evocativo, dal piglio acustico e rituale, cantato in dialetto, che lascia da parte la violenza e rappresenta una conclusione sognante e dal sapore quasi psichedelico.
Cosa dire in definitiva? “A Time Of Sorrow” è una compilation molto eterogenea, che mette insieme generi differenti e differenti modi di affrontare i vari generi: il risultato finale è una gustosa panoramica sulla scena estrema del nostro bizzarro paese a forma di stivale. In questo caso più che mai la valutazione numerica è meramente indicativa e poco significativa: quello che posso dire è che la qualità generale dei pezzi è più che discreta, con alcuni spunti piuttosto interessanti. Un’istantanea dell’underground tricolore, che sembra essere vivo e vegeto: da ascoltare soprattutto se volete scoprire qualche nuova realtà e magari recuperare qualche vecchio lavoro o iniziare a seguirla in futuro.