Se c’è in giro una band interessante che suona black metal, dal raw all’atmosferico, passando per il melodico, state pur certi che la Purity Through Fire non se la lascerà scappare. L’etichetta tedesca infatti è sempre in prima linea nello scovare nuove realtà nei vari angoli del mondo, e questa volta è il turno degli Avskräde, duo svedese che ha esordito nell’aprile del 2021 con l’omonima demo e che, dopo qualche mese, è approdato al full length di debutto con questo “Det Stora Tunga Sjuka”, album di black metal tradizionale oscuro e pesante, che strizza chiaramente l’occhio alla seconda ondata scandinava, specie ai primi Marduk e Setherial, e al contempo lascia intravedere influenze ben radicate nel black metal della seconda metà degli anni ottanta, quello di Celtic Frost, Bathory e Venom in primis, per intenderci. Le canzoni sono piuttosto brevi e mettono in mostra un riffing ruvido e una sezione ritmica nervosa, che forniscono la base strutturale per un disco primitivo e catacombale, che non lesina tremolo e blast d’ordinanza ma non si fa mancare stralci ancora più old school, dove emergono quelle squisite atmosfere necrotiche che continuano a mandare in brodo di giuggiole molti di noi.
Gelo nordico e fetido odore di putride carcasse in decomposizione: queste sono le sensazioni, tanto basiche e feroci quanto musicalmente efficaci, che i nostri eroi (non identificati, ovviamente) vogliono trasmettere e che trasudano come grasso da un cadavere che sfrigola sulla graticola da brani veloci e crudeli come l’opener “Av Jord Är Du Kommen”, o la sanguinosa “Aldrig Mer Skall Solen Bränna” o, ancora, la conclusiva “Jag Är Slutet”, brano che tra l’altro dimostra come la band riesca a sentirsi a proprio agio anche con tempi meno furiosi e ritmi relativamente più rallentati.
Gli Avskräde scavano qua e là nella storia del black metal per come lo conosciamo nelle sue manifestazioni più sostanziali, giocando a loro piacimento con tutti i classici luoghi comuni del genere, anche a livello lirico e iconografico, e lo fanno con la consapevolezza e la maturità compositiva di chi suona queste cose dopo trent’anni da che queste sonorità hanno fatto la loro comparsa nell’universo metallico, senza mai indulgere in sperimentalismi, fronzoli o raffinatezze di sorta, nemmeno per quanto riguarda la produzione, che resta cruda ed essenziale come si conviene ad un lavoro di questo tipo. “Det Stora Tunga Sjuka” non rivoluzionerà di certo la scena black metal ma è un album solido e cazzuto, che rivendica orgogliosamente la propria identità e la propria appartenenza e che potrà piacere agli amanti di questo tipo di sound, che sembra continuare a mantenere intatto il proprio zoccolo duro di sostenitori, forse un po’ più attempati ma sempre assetati di sangue.