Il caestus era un antico guanto da combattimento usato spesso e volentieri nel pancrazio, durante i combattimenti corpo a corpo, formato da cinghie di cuoio legate alla mano, ed era frequente tra i gladiatori romani aggiungervi parti in metallo, come punte, borchie o placche di ferro. Proprio questo guanto da combattimento campeggia sulla copertina del debut album dei Caestus (per l’appunto), ennesimo combo finlandese dedito ad un acerbo black metal, che per certi aspetti si distacca dalla classica scuola della madre terra per virare verso lidi più epici e oscuri. Come da tradizione Purity Through Fire, ovviamente non abbiamo a che fare con un lavoro sperimentale ma con un concentrato di black metal anticristiano che non bada a compromessi: qui tutto suona vintage, come se il tempo si fosse fermato, e a rimarcare il concetto ci pensa una particolare cover con uno strano gallo caprino che sottolinea la natura blasfema del combo. A differenza della gran parte delle band conterranee, il duo in questione sposta l’attenzione sull’impatto brutale più che sulla melodia, che tuttavia fa capolino tra i riff tritaossa, mentre le vocals non concedono un minimo di pace per l’intensità dello scream rabbioso di Skirmion, autentico mattatore e protagonista di un’ottima prova pure dietro le pelli.
Black metal come da tradizione quindi: premere play e far partire questo disco è come assistere alla classica festa patronale del paese; sai bene come inizia e come finisce, saluti un po’ tutti, scene viste e riviste ma che fa sempre piacere rivivere perché, appunto, è tradizione. Non esiste un compromesso in “The Undoer’s Key”, il gruppo fa bene i compitini a casa, confermandosi un alunno diligente ma che non riesce a prevalere rispetto a quelli più bravi: intendiamoci, la band suona potente e quadrata; i pezzi sono belli ma nonostante tutto il platter non riesce a far gridare al capolavoro e si ferma al gradino di classico “buon disco”. Gli ingredienti ci sono tutti: riff taglienti, veloci, potenti, classico blast beat e tremolo, linee melodiche curate e una produzione potente e guerriera dal suono compatto e oscuro; l’attitudine novantiana fa da collante tra le nove composizioni per un totale di trentasei minuti circa di massacro, dove i nostri gladiatori non si risparmiano tra accelerazioni, rallentamenti evocativi, stop and go, e chi più ne ha più ne metta, ma sembra quasi che nel songwriting Vexd (già in Odiosior, To Conceal The Horns ed ex Ghost Brigade) e compagni tengano il freno a mano tirato.
Nessuna pecca, sia ben chiaro, ogni singolo pezzo ha tutte le carte in regola per spaccare il mondo ma sembra quasi volersi limitare a fare il suo brutale compito, ovvero stordire l’ascoltatore con la cattiveria senza aggiungere nulla a ciò che è stato già fatto da altre migliaia di band, rischiando pertanto di rimanere invischiato nel dimenticatoio. Sottolineiamo che ci sono almeno quattro brani che non tutti sarebbero capaci di scrivere e che varrebbero l’acquisto del disco ma se la band avesse avuto il coraggio di inserire qualche elemento atmosferico, sarebbe riuscita a enfatizzare il lato più crudo ed epico senza snaturare la resa brutale dell’opera, rendendo il tutto più memorabile e facendo di questo “The Undoer’s Key” davvero un gran disco. I Caestus in definitiva esordiscono sulla lunga distanza con un lavoro grezzo e brutale come da copione, che trova in pezzi come “Ultimate Weapon”, la diretta title track, la complessa ed epica “Dawn Of Reckoning” i suoi punti di forza, riuscendo comunque a crescere con il passare degli ascolti; non mancano i fillers ma scorrono via senza troppi intoppi. Considerata la proposta della band, per il prossimo lavoro è lecito aspettarsi qualcosina in più e per adesso consigliamo l’ascolto esclusivamente a chi mangia pietre e black metal a colazione.