Una nuova, sanguinolenta creatura striscia fuori dal paludoso sottobosco underground tricolore: si tratta dei Blutsauger, band creata dal mastermind H. Škrat (già in Aganis, Akroterion ed ex Nuclear Aggressor, e qui in veste di chitarrista, bassista e cantante), al quale si è in seguito aggiunta la sudamericana Aasimar, soave fanciulla che pesta sulla batteria come una bestia inferocita. Il duo si presenta così sulla propria pagina facebook: “0% talent, 0% innovation, 0% skills… 666% attitude”, e possiamo affermare che questa breve descrizione, tra il serio e il faceto, coglie sostanzialmente nel segno, nel senso che la band non fa voli pindarici e si focalizza sulla riproposizione di stilemi ben noti (anche a livello di immaginario evocato), puntando soprattutto sull’impatto e sulla furia assassina ma senza trascurare la cura della forma canzone e la struttura dei pezzi, che nell’insieme risultano ben assortiti e danno efficacemente corpo a scenari post apocalittici e ad un’atmosfera mortifera intrisa di umori metallici: insomma violenza sì ma non necessariamente fuori controllo.
C’è infatti un certo, apprezzabile equilibrio in questo “Path Of The Bleeding Dead”, che avanza come un panzer sui cadaveri dei nemici per i suoi brevi ma intensi quindici minuti di durata, potendosi anche permettere alcune pause di riflessione dal sapore vagamente melodico e dal piglio acustico, che rappresentano però nient’altro che brevi intervalli tra una battaglia e l’altra. Le canzoni infatti sono stilettate letali che colpiscono alla gola senza lasciare scampo, sospese tra suggestioni alla Dissection e la frenesia omicida tipica di certo war black metal di vecchia data, sulla scia di lavori come “Impergium” dei Niden Div. 187, “Pure Black Disease” dei Nephenzy Chaos Order o “Blood Must Be Shed” dei primi Zyklon, quando ancora avevano la B nel nome. Questo, almeno a mio parere, è il retrogusto che lasciano i brani, siano essi veloci e furenti come “Bloodspawn Necropolis” (probabilmente il pezzo migliore del lotto) o giocati più sull’equilibrio tra velocità e rallentamenti più sulfurei come “Die Gehängten Kinder”. C’è quindi una bella vagonata di ferocia in salsa necro ma non è totalmente bestiale ed impulsiva quanto piuttosto chirurgica e, per questo, forse ancora più letale: insomma i Blutsauger veicolano gli istinti in assalti ponderati e, per dirla con una simpatica metafora, usano più il rasoio che la clava per colpire mortalmente l’ascoltatore, e si può dire che ci riescano benissimo. Un quarto d’ora non è molto ma è sufficiente per farsi un’idea della proposta di questa band, che sicuramente potrà soddisfare la vostra più inconfessabile brama di uccidere. “Tod ist der Meister, der Meister ist Tod”.