Gli anfratti più umidi e putrescenti delle catacombe d’oltralpe continuano a brulicare di progetti dediti al più ortodosso raw black metal, quello che fa capo direttamente alla tradizione del genere che tutti quanti ben conosciamo, rispettandone in maniera pedissequa i canoni stilistici, musicali ed estetici. È il caso di Morguiliath, one man band dietro la quale si cela il mastermind Rats, che si occupa di tutti gli strumenti e del cantato, personaggio piuttosto attivo sulla scena underground francese, coinvolto anche in un altro progetto solista (Dhärnürgh, con il quale ha dato alle stampe l’ep d’esordio lo scorso anno) e soprattutto nei Suicide Circle, che hanno già attirato la nostra attenzione in occasione dell’uscita del recente “Demo MMXX”, in compagnia di Meyhna’ch, grande padrino del black transalpino, specie con i suoi Mütiilation. Ed è proprio ai Mütiilation che questo solo project volge il proprio sguardo, e più in generale a quel sound putrido e grezzissimo che ebbe nelle bands appartenenti alla Black Legions i suoi principali interpreti in terra francese nel corso della prima metà degli anni novanta. Certo, oggi siamo nel 2021 e la proposta dei Morguiliath può essere considerata forse meno inaccessibile di quanto non fosse quella di gruppi come Vlad Tepes, Belkètre, Brenoritvrezorkre e compagnia (tanto che fu inventato un vero e proprio linguaggio, il Gloatre, sulla scia della lingua nera di Mordor, affinché il tutto risultasse ancora più ermetico ed incomprensibile) ma in ogni caso i riferimenti a quel modo di intendere, suonare ed interpretare il black metal sono evidenti, così come lo sono i rimandi ad altre realtà francesi come Hell Militia e Nehëmah, ai Darkthrone del periodo “true” (immancabile punto di riferimento per questo tipo di sound) e agli statunitensi Black Funeral, anche per un certo utilizzo, molto limitato ma efficace e ben calato nel contesto, di squarci elettronici, come avviene ad esempio nell’opener e title track.
Queste sono in sostanza le coordinate stilistiche lungo le quali si muove la musica di Morguiliath in questo “Occult Sins, New Unholy Dimension”, che rappresenta la seconda fatica sulla lunga distanza del nostro eroe, sotto l’egida della prestigiosa Osmose Productions, dopo il full lenght di debutto dello scorso anno “Age Of Misanthropia, Human Blood & Chaos” (invece pubblicato dall’oscurissima Vacuum Tehiru Productions), rispetto al quale questo successore non lascia intravedere chissà quali cambiamenti di rotta (e, considerati il suono e la proposta musicale, c’era da aspettarselo). Abbiamo a che fare quindi con un disco che rispetta i canoni del sottogenere d’elezione e con un progetto che non ha interesse a stravolgere nulla.
Questo però non significa che non ci siano spunti di interesse, benché inseriti in un paesaggio sonoro ben noto a quanti frequentano, anche distrattamente, l’underground metallico estremo da qualche decade: ad esempio le reminiscenze black/thrash che possono evocare direttamente i Bathory; od anche un certo uso della melodia, che evidenzia alcuni passaggi più sinistri e carichi di atmosfere malsane. Cito a questo proposito “Ad Mortem Festinamus”, uno degli episodi più caratteristici dell’album e forse anche il migliore: la canzone si apre proprio con un arpeggio ipnotico e poi esplode in un caotico abisso sul quale si erge uno screaming folle e lacerato, in lingua madre, per una struttura che si ripete nel corso di tutto il pezzo. Un esempio di black metal tradizionale ben reinterpretato. Insomma, credo che abbiate capito cosa attendervi se doveste decidere di dare un ascolto a questo lavoro: non è quindi necessario aggiungere altro; “Occult Sins, New Unholy Dimension” è questo, niente di più e niente di meno.