Copertina in bianco e nero. Logo ben visibile sempre in black and white. Foto low-fi di un brutto ceffo con il corpsepaint che regge un candelabro. Non è proprio una missione impossibile capire che genere musicale propongano i Serpentshrine da Norfolk, Virginia. Ok, è tutto già visto, ma sottovalutare il trio statunitense sarebbe un grosso errore, perché in questo “Allegiance To The Myth” c’è anche sostanza. Parecchia. Band sostanzialmente “giovane”, formatasi nel 2015, ha già all’attivo un full lenght ed un ep, che mi andrò sicuramente a recuperare dopo essermi cosparso il capo di cenere per via di questa imperdonabile mancanza. Già, perché gli statunitensi sono quello che dalle mie parti definiamo “un gruppo della madonna”. Cattivi, feroci, spietati ma anche incredibilmente oscuri. Era da un po’ di tempo che non mi capitava di avere a che fare con una band capace di miscelare con notevole maestria ed equilibrio tutte le caratteristiche da me citate prima.
I tre si muovono con considerevole destrezza in territori musicali già battuti da band maestre del genere come Immortal, Thy Primordial, Isvind, Enthroned e compagnia “bella”. Personalmente ho trovato molte influenze di scuola swedish, più che altro perché la maggior parte dei pezzi è un fast black metal riconducibile a quell’area geografica, che nel black metal ha un trademark ben preciso. Questo non vuole assolutamente dire che i Serpentshrine non siano in grado di creare pezzi di assoluta atmosfera. Ascoltatevi “Blaze Of The Narthex” e poi ditemi se sbaglio. Un pezzo capolavoro di nove minuti dove ferocia ed atmosfera si fondono alla perfezione in un connubio che ha quasi del miracoloso. Roba da spellarsi le mani a furia di applausi. Non che il resto dell’album sia di livello inferiore. Tutt’altro.
Continui cambi di tempo, sfuriate al fulmicotone alternate a pezzi cadenzati, produzione volutamente retrò ma che risulta perfetta e calzante a pennello con il mood nero del disco. Insomma, questi tre ci sanno fare davvero. E tanto, anche. Perché hanno imparato bene la lezione dei maestri rendendola comunque in qualche modo personale e efficace. Praticamente quando si schiaccia il tasto play si è subito nel 1995. Che goduria. E non potrebbe essere altrimenti per una band che nella bio che accompagna il promo dice testualmente: “The way forward is to reject modernity”. Idoli. Disco da avere ed ascoltare senza se e senza ma. Fidatevi.