Dopo l’ep d’esordio del 2020 “Mystery Of Mystery-Secret Live Session”, tornano in pista i torinesi Ponte Del Diavolo, band che vede coinvolti membri di Feralia, Inchiuvatu e Askesis, scegliendo ancora una volta il formato ep. Un lavoro breve quindi, che tuttavia mette in evidenza molti aspetti interessanti, andando al tempo stesso ad approfondire il discorso stilistico del suo predecessore e distaccandosene sotto alcuni punti di vista. Infatti restano sostanzialmente intatte le atmosfere doom dal sapore occulto, che rappresentano un po’ il marchio di fabbrica di questo progetto, ma l’elemento black, che pure era presente nel precedente ep, viene qui relegato decisamente in secondo piano (anzi, direi che è quasi assente), in favore di sviluppi, da un lato, più vicini a sonorità dal piglio psichedelico e, dall’altro, a certa dark wave tipicamente anni ottanta, sulla scia di Bauhaus, Joy Division e gruppi del genere. E se l’opener “13” è una strumentale alla quale la definizione “doom” può essere applicata senza troppi distinguo, per il suo andamento così dilatato e funereo, è con le altre due canzoni che le carte in tavola cambiano parzialmente.
“The Unborn” e “Il Bacio A Mezzanotte”, il cui titolo e il cui testo fanno evidentemente riferimento (credo volutamente e in maniera ironica) a “Un Bacio A Mezzanotte”, celeberrimo brano del Quartetto Cetra risalente al 1945, sono infatti intrise di quelle atmosfere gotiche e post-punk alle quali si faceva cenno in precedenza, pur mantenendo una certa muscolarità metallica di fondo. Tutto rimanda a quel sound e a quella scena, dalle chitarre oscure ma non eccessivamente ruvide, al basso (anzi, qui ce ne sono addirittura due) che tesse trame pulsanti e conferisce costante profondità al suono, fino alla struttura stessa dei pezzi.
E poi, soprattutto, la voce: il cantato femminile tra l’acido e il rituale, opera di Erba Del Diavolo, nervoso e spezzettato, con continui cambi di tono, di volume e di umore, rappresenta un’altra caratteristica peculiare della band, che sicuramente la distingue e la rende immediatamente riconoscibile, e qui è assolutamente protagonista. Personalmente ho apprezzato questa svolta stilistica, se così possiamo chiamarla, perché testimonia la volontà dei nostri amici di progredire, inglobando nel proprio sound influenze che vanno oltre il doom e comunque il metal propriamente detto, esplorando territori musicali diversi (ma non è detto che le influenze più marcatamente metal non torneranno a farsi sentire con maggiore prepotenza in futuro). Peccato solo per la durata contenuta ma con “Sancta Menstruis” siamo di fronte ad un lavoro sicuramente degno di attenzione, a suo modo perfino originale, di cui consiglio senz’altro l’ascolto.