All’indomani dell’uscita della seconda fatica sulla lunga distanza “Under Stige / Over Dianam”, ricco di sonorità atmosferiche ed epiche, con sfumature che vanno dal folk acustico al dark, abbiamo raggiunto i torinesi Feralia per farci raccontare qualcosa in merito all’album e a tutto ciò che gira intorno alla band. Vi lasciamo quindi alle parole di Krhura, Raijinous e Erymanthon Seth e vi auguriamo buona lettura!
Parliamo innanzi tutto dei cambiamenti nella line up. Come si è integrato il nuovo cantante nelle dinamiche dei Feralia?
Krhura: Erymanthon, il nuovo cantante, si è da subito integrato naturalmente con il resto della band, inoltre ha portato una nuova ventata compositiva molto apprezzata. Dopo di lui si è aggiunto di recente P., il nuovo batterista; anche lui si è subito adattato bene sia a livello personale che musicale, arricchendo la nostra musica col suo contributo.
Qual è stato il processo compositivo di “Under Stige”?
Raijinous: L’album ha avuto un processo di scrittura relativamente lungo (se lo paragoniamo ad “Over Dianam”, dove il grosso del lavoro l’ho fatto io a casa mia, proprio durante il primo lockdown), soprattutto a causa delle restrizioni per il virus, che hanno rallentato un po’ tutto.
Krhura: Aggiungo che, a differenza di “Helios Manifesto”, dove la scrittura era stata più organica, per “Under Stige” io e Raijinous abbiamo lavorato più separatamente ai nostri brani, presentandoli alla band già quasi ultimati, questo anche e soprattutto per ovvi motivi legati al lockdown.
In che modo quest’ultimo album rappresenta la prosecuzione del discorso intrapreso con il precedente “Helios Manifesto” e in che cosa invece se ne discosta in maniera più evidente?
Raijinous: Il risultato di “Under Stige”, a livello di suono ed atmosfere in generale, mi lascia molto più soddisfatto rispetto ad “Helios Manifesto”. I due album sono però senza dubbio accomunabili dalla nostra intenzione verso la musica: un miscuglio delle nostre varie influenze al quale si aggiunge un contributo finale più nostro, che dà un tocco più personale all’album in sé.
Qual è il concept dell’album e di cosa trattano le liriche?
Krhura: Non c’è un vero e proprio concept, ma più un tema che lega sia i pezzi, che i due album e questo tema è basato su un gioco di opposti. Con “Under Stige” abbiamo voluto toccare il tema della morte e dell’aldilà all’epoca degli antichi romani. Il disco ha dunque un’atmosfera rituale, notturna e oscura. Se “Under Stige£ è estremo, notturno, ritualistico e maschile, “Over Dianam” si sviluppa in direzione opposta. L’ep è più solare e ha connotati più femminei, almeno nei testi, esaltando la forza della natura sull’uomo. Anche i due ospiti nei relativi dischi non sono stati chiamati a caso: Håvard Jørgensen rappresenta la parte più notturna e nordica, Agghiastru la parte più solare e mediterranea.
In sede di recensione ho cercato (a mio giudizio) di individuare varie influenze e vari riferimenti compositivi, accostando di volta in volta i Feralia a questa o quella band. Ora vorrei sapere da voi se queste influenze effettivamente nella vostra musica ci sono, o se ce sono altre, e in che modo siete riusciti a comporle in un insieme che mi è sembrato molto naturale…
Raijinous: Parlando per me, le influenze da te citate nella recensione sono certamente da confermare (in particolare quanto hai scritto di Manes mi fa particolarmente piacere), ma ce ne sono sicuramente di più e spaziano anche in generi che non rientrano in senso stretto nella musica estrema. Io personalmente ho sempre ascoltato (e continuo a farlo), musica sperimentale, ritualistica, classica, new wave… Non mi va di fare elenchi di nomi semplicemente perché farei davvero fatica a sceglierne un paio da citare come più importanti, tra le miriadi di bands o progetti che hanno sempre fatto parte dei miei ascolti dagli anni novanta.
E, continuando sulla stessa linea, ci sono dei gruppi ai quali dovete qualcosa o che vi hanno ispirato in maniera particolare?
Raijinous: Come sempre dichiarato, le prime due ondate di black metal norvegese (con l’incredibile varietà che si portavano dietro e che andava anche al di là della semplice musica estrema, basti pensare a “Kveldssanger” degli Ulver, ai Ved Buens Ende, ai progetti Storm ed Isengard)sono state il punto di partenza. Ma noi culturalmente non siamo scandinavi, abbiamo delle nostre radici culturali e storiche e (come detto sopra) non ascoltiamo solo musica estrema. Questi due aspetti riescono quindi a dare, a mio avviso, alla nostra musica quel qualcosa in più di cui parlavo già nelle risposte precedenti.
C’è, tra tutte, una canzone che, ad oggi, può rappresentare la vera essenza dei Feralia? E invece un pezzo che consigliereste ad un ipotetico ascoltatore che non abbia ancora avuto la possibilità di sentirvi, per introdurlo nel mondo della band?
Erymanthon: Forse le tracce migliori sono proprio “Vigil” e “Under Stige”, che non a caso abbiamo scelto come singoli. Racchiudono un po’ tutte le nostre sfaccettature, la violenza ma anche l’atmosfera, la velocità furiosa ma anche la calma e la riflessività. A livello personale, però, aggiungerei anche “The Pyre And The Stars”, uno dei miei pezzi preferiti in assoluto del nuovo album.
Perché avete deciso di pubblicare un ep interamente acustico (“Over Dianam”, che peraltro è compreso nell’edizione di “Under Stige”)? Qual è il tema centrale dell’ep? Si tratta di un esperimento o è un tipo di approccio che potreste riproporre?
Raijinous: “Over Dianam” è stato composto durante il lockdown da me, a casa mia. Krhura ha poi dato il suo contributo su alcuni pezzi da casa sua. Per com’era la situazione, non potevamo lavorare diversamente. L’impossibilità di andare avanti propriamente con la composizione di “Under Stige”, assieme a quella situazione costrittiva totalmente inattesa, mi ha dato l’input per cercare di tirare fuori qualcosa coi pochi mezzi che avevo a disposizione in casa. E’ stato terapeutico. L’ispirazione dell’ep è senza dubbio il secondo album degli Ulver già citato precedentemente. Il tema centrale riguarda la speranza di un ritorno, almeno da parte di più esseri umani possibile, a quel rispetto (direi quasi timore) nei confronti della Natura che si nutriva in epoche antiche. A mio avviso ce ne sarebbe davvero bisogno. “Over Dianam” è un canto quasi disperato volto alla riscoperta delle nostre radici. Non sempre l’evoluzione porta benefici all’uomo. Non credo si tratti di un esperimento isolato nella nostra discografia, ma non ne abbiamo ancora discusso propriamente.
Com’è nata la collaborazione con la Time To Kill Records e che cosa vi aspettate da essa?
Krhura: Time To Kill è stata fra le etichette che si è proposta per produrre il disco. Ci stiamo trovando molto bene ed Enrico è un grande professionista.
Avete già suonato dal vivo? Com’è l’esperienza live per i Feralia?
Erymanthon: Sì, il primo concerto con la formazione attuale e stabile è stato il release party di “Under Stige”, tenutosi il 29 Aprile a Torino. Siamo tutti molto soddisfatti della prestazione, c’erano la giusta energia e la giusta alchimia tra di noi ed anche il responso del pubblico è stato eccellente. La serata è stata grandiosa e contiamo di mantenere se non migliorare lo standard.
Progetti per il futuro?
Erymanthon: Abbiamo dei concerti interessanti in programma o comunque in fase di pianificazione, e inoltre siamo in fase di stesura ed arrangiamento per i brani del nuovo album, stiamo già lavorando a nuove idee e devo dire che c’è la giusta chimica tra tutti.
Per concludere l’intervista, come di consueto lascio a voi le ultime parole…
Raijinous: “Gutta cavat lapidem”.