Thy Tongue – Pray To Death

0
1192

Era da un po’ che non andavamo in Giappone. Quando si parla di black metal in relazione al paese del Sol Levante, il pensiero vola subito ai Sigh, che dopo il loro seminale debutto, ai tempi (1993) pubblicato niente meno che dalla Deatlike Silence Productions, hanno virato verso sonorità più sperimentali e avant-garde, oppure alla fiorente corrente black-thrash e a simpatici pazzoidi come Sabbat, Evil, Metalucifer o Abigail, che tutti noi conosciamo come “the most evil band in Japan”. Ma c’è anche una scena underground che guarda al black tout court, forse meno sviluppata che in altre realtà geografiche ma che nasconde comunque realtà degne di nota. È il caso di questo progetto solista che risponde al nome di Thy Tongue, del quale poco o nulla si conosce, se non che si tratta appunto di una one man band, dietro la quale si cela il mastermind Lamenter, che esordisce con questo breve ep in cd-r (come si usava una volta), dalla bella copertina rosso sangue su sfondo nero, che tradisce immediatamente la gradevole natura vintage del lavoro. Natura che ovviamente non riguarda solo l’aspetto grafico ma anche la musica e si palesa fin da subito quando, dopo la rapida intro, l’opener “Prayer I” con le prime note prende la strada della velocità e della crudezza esecutiva, tra tremolo picking, blast beats e atmosfere necro.

È un black metal decisamente retrò quello che possiamo ascoltare in questa manciata di pezzi, saldamente ancorato agli anni novanta, anche per quanto riguarda la registrazione, grezza e cantinara come d’ordinanza ma comunque accettabile, e se non conoscessimo la data di pubblicazione di questo “Pray To Death” potremmo tranquillamente scambiarlo per una delle tante demo di quegli anni. Pezzi brevi e ficcanti, che nascondono pure qualche apprezzabile melodia sottotraccia ed uno screaming acido e acuto che marchia i brani con la consueta dose di diabolica follia. Il tutto è molto tradizionale e old style, compreso l’uso sporadico delle tastiere per creare piccoli squarci atmosferici, e resta in equilibrio precario tra Norvegia e Svezia: se si volessero fare degli accostamenti altisonanti (da prendere chiaramente con le dovute precauzioni) si potrebbero tirare in ballo i primi Emperor o i Setherial degli esordi. Certo un quarto d’ora scarso di musica non è molto per giudicare una band (anche se più di un gruppo in passato è riuscito a lasciare il segno grosso modo con lo stesso minutaggio) ma tant’è. Questo è ciò che offre il progetto Thy Tongue: black metal cotto e mangiato, fieramente underground. A voi la scelta.