Ande – Vehemence

0
1019

Con “Vehemence” Ande ritorna, a un anno di distanza dal buon “Bos”, segnando un ulteriore passo in avanti e ritagliandosi un’immagine sempre più di spicco, forte e definita nella nicchia dell’atmospheric/ambient black metal di qualità. Come spesso accade, dischi come questo sono fatti di sensazioni e stati d’animo, ambientazioni rarefatte di armonie in luoghi spesso e volentieri inospitali ma che concedono spazio a situazioni più ariose e sognanti; il tutto per dire che Ande punta forte sull’elemento emotivo, riuscendo a far convivere all’interno del disco le più svariate atmosfere che il black metal di questo tipo può trasmettere. La struttura del platter ripercorre pressappoco la stessa degli ultimi due dischi, con pezzi di una durata media abbastanza elevata ma mai prolissi, riuscendo a racchiudere in ognuno tutti gli elementi principe della proposta della band. La prima cosa che balza alle orecchie è il cantato in inglese, mossa inedita per Jim che si è sempre avvalso della lingua madre e, in questo caso, le composizioni ne beneficiano perché, nonostante le acide scream vocals, aumenta la comprensione dei testi. Non stiamo parlando di cambiamenti epocali sia chiaro, ma si percepisce che l’artista voglia abbracciare un pubblico più vasto, pur rimanendo su una ben tracciata strada underground. È sufficiente ascoltare l’opener “Coherence” che, con i suoi dodici minuti, rappresenta pure il capitolo più complesso e lungo del disco, per capire come gli Ande rimarchino la loro appartenenza alla cultura underground, per pochi eletti.

Dicevamo dodici minuti: per un’opener una mossa coraggiosa ma vincente; il pezzo è un saggio di bravura dell’artista, che si cimenta tra synth, sfuriate in blast, rallentamenti atmosferici al limite dell’ambient dalle reminiscenze jazz-fusion, per poi ritornare sui suoi passi più estremi, consegnando ai posteri un manifesto di black metal atmosferico di altissimo profilo. Ciò che la musica degli Ande trasmette è sempre quel senso di perdizione e claustrofobia dovuto all’ottimo connubio tra musica estrema e synth, che spaziano egregiamente dal sognante all’inquietante, fungendo da palcoscenico per le liriche, focalizzate sull’individuo che attraversa la vita passo dopo passo, confrontandosi con le emozioni contrapposte all’ambiente circostante. Nei brani viene sottolineata la dualità della vita, una medaglia a due facce ben distinte, con le difficoltà della quotidianità e la disperazione in contrapposizione alla bellezza della conoscenza. Questa veemenza viene trasformata in canzoni dove, tra atmosfere rarefatte e claustrofobiche, sembra di affrontare un viaggio senza tempo nel cosmo, figurativamente rappresentato dalla notevole copertina presa in prestito da un dipinto di Fredric Appermont.

Tutto è al posto giusto e pezzi notevoli come “Reverberations”, “Diligence” e la più diretta “Density” sono lì a rimarcare questo concetto di veemenza tanto caro al nostro artista, tra sfuriate e cambi di tempo dilanianti; c’è spazio pure per “Cycles” che, con le sue atmosfere pachidermiche, lente e sognanti rappresenta l’opposto di questo concetto. Come ogni buon disco del genere sono immancabili le strumentali, “Projection” e “Unimosity”: la prima si infila su territori che strizzano l’occhio allo shoegaze, tra chitarre sognanti a malapena distorte e una batteria tribale a dettare i tempi; mentre nella seconda sono i synth a farla da padrone, concedendoci un ultimo viaggio verso l’infinito. “Vehemence” è l’ennesima prova di maturità da parte dell’artista belga, che cerca di mescolare le carte in tavola senza cambiarle, aggiungendo qualche ingrediente alla ricetta (la lingua inglese), ma senza modificare il prodotto finito (classico black metal d’atmosfera). Di sicuro tra le mani abbiamo un disco complesso, dal taglio estremamente underground, ben suonato e prodotto dignitosamente (anche se nelle parti più veloci i suoni tendono a essere un po’ troppo compressi), difficile da interpretare, per il quale servono molti giri sul piatto prima di assimilarne ogni sfaccettatura e lasciarci trasportare in questo viaggio stellare. Da “usare” con cautela.

REVIEW OVERVIEW
Voto
74 %
Previous articlePrime due uscite per la neonata Six Records
Next articleHeruka – Memorie
ande-vehemenceTRACKLIST <br> 1. Coherence; 2. Reverberations; 3. Diligence; 4. Projection; 5. Density; 6. Cycles; 7. Unimosity <br> DURATA: 47 min. <br> ETICHETTA: Naturmacht Productions <br> ANNO: 2022