Ci eravamo occupati dei nostrani Nazgul Rising in occasione dell’uscita della buona demo “Let The Evil Arise”, risalente all’ormai lontano 2006. Da allora ne è passata di acqua sotto i ponti ma la band romana ha preferito centellinare le uscite, dando alle stampe soltanto il full length “Orietur In Tenebris Lux Tua” nel 2014 e successivamente ritirandosi nell’oscurità per un altro lungo periodo. È ora la volta del successore, nel quale evidentemente i nostri amici hanno riversato tutte le idee sviluppate in questo non breve lasso di tempo. “Cycles Of Primal Chaos”, che si presenta con una bella copertina raffigurante lo scontro tra le divinità mesopotamiche Tiamat e Marduk, opera dell’illustratore Nestor Avalos, è infatti un’opera poderosa, che supera l’ora di durata e ci restituisce una band consapevole dei propri mezzi, pur senza particolari stravolgimenti stilistici. I Nazgul Rising infatti continuano a battere il terreno sul quale si sono mossi fin dagli esordi e ci propongono un black metal sinfonico roccioso e di stampo tradizionale, recuperando quelle influenze classiche che hanno permesso a questo genere di emergere con prepotenza nella seconda metà degli anni novanta, riuscendo anche ad imporsi ad un’audience più vasta rispetto alla ristretta cerchia underground che aveva visto la sua nascita.
Bisogna precisare però che nel caso dei Nazgul Rising sono in sostanza assenti quegli arrangiamenti barocchi e quell’immaginario gotico che spesso vengono associati al black nella sua accezione sinfonica, perché i nostri amici si concentrano comunque su strutture abbastanza muscolari, che privilegiano il riffing rispetto alle partiture tastieristiche e, piuttosto che a vampiri e sensuali donzelle, fanno riferimento a tematiche di stampo mitologico e fantasy, andando musicalmente ad avvicinarsi a certi Dimmu Borgir del periodo mediano o a gruppi come Hecate Enthroned o Bal-Sagoth, che potrebbero in prima battuta essere citati tra i loro riferimenti e fonti di ispirazione. Possiamo dire che questo inquadramento stilistico si mantiene in linea di massima inalterato lungo tutto il corso del disco ma viene declinato con diverse sfumature nei vari pezzi, che in alcune occasioni si focalizzano di più sulla potenza e sull’impatto, in altre invece sulle linee melodiche, ed in altri casi ancora sulla creazione di atmosfere dal piglio epico e oscuro ma mai troppo magniloquente.
E così abbiamo un’efficace alternanza che rende il lavoro sufficientemente vario ma al tempo stesso compatto, al netto di una lunghezza a mio parere comunque eccessiva: sono infatti convinto che qualche sforbiciata qua e là avrebbe giovato al risultato finale, rendendo il tutto più scorrevole, ma è chiaro che la band, dopo diversi anni di silenzio, aveva molte cose da dire e ha voluto dirle in questo disco. Al di là di questo piccolo appunto, che resta naturalmente opinabile, credo proprio che non sia possibile per gli amanti del black metal sinfonico non apprezzare brani come l’opener, “Lord Of The Wildwood”, “Evilwind” o la stessa title track, che enfatizzano al punto giusto tutti gli elementi tipici del genere e rappresentano altrettanti esempi di come ancora oggi lo si possa suonare con freschezza e convinzione. Cosa dire in conclusione? “Cycles Of Primal Chaos”, graziato tra l’altro da una produzione assolutamente all’altezza, è un album coerente rispetto al percorso compiuto dai Nazgul Rising dall’inizio della loro carriera ad oggi e costituisce probabilmente l’apice della loro discografia. Ascolto senz’altro consigliato.