A due di distanza dal full length di debutto “The Call Of The Noose”, pubblicato appunto nel 2020, tornano a far sentire la propria voce carica di disperazione e sofferenza i Griverion, duo nostrano composto da A.B. e Sadomaster, personaggi già coinvolti in altri progetti underground. Questo nuovo “Suicidal Wisdom”, che supera abbondantemente l’ora di durata, rappresenta per molti versi la naturale prosecuzione del suo predecessore, rispetto al quale evidenzia una lampante continuità dal punto di vista sia lirico che musicale, enfatizzando alcuni aspetti della proposta e dando in certi casi maggior spazio ad influenze che in passato erano sì presenti ma restavano probabilmente più nascoste. Intendiamoci, questo album non rappresenta alcun stravolgimento stilistico, nel senso che i Griverion restano saldamente ancorati ai canoni di un black metal di stampo depressivo decisamente classico, tanto nel sound quanto nei testi, che continuano a ruotare intorno ad argomenti come male di vivere ed impulsi suicidi di varia natura, come appare evidente anche solo dalla lettura dei titoli e dalla (bella) copertina. Da questo punto di vista i riferimenti compositivi restano legati alla versione classica di questo particolare sottogenere, così come abbiamo imparato a conoscerla nei primi anni duemila, con gruppi come Forgotten Tomb, Wigrid, Abyssic Hate, Anti, ed anche primi Shining, che vengono chiamati in causa a più riprese, con la consapevolezza di ripercorrere un sentiero già ampiamente battuto in passato.
E quindi ecco i consueti riff ossessivi e circolari, che si ripetono fino a creare quelle tipiche atmosfere oppressive e disorientanti; ecco lo screaming rauco e disperato (non troppo monocorde, a dire la verità); ecco i tempi cadenzati, intervallati qua e là da momenti più rabbiosi; ed ecco le melodie sinistre ed insinuanti, che fanno capolino in quasi tutti i pezzi, costituendone spesso e volentieri la struttura portante e comunque l’elemento di maggior interesse. Ma c’è anche qualcosa d’altro, qualche apertura di più ampio respiro che sembra volgere lo sguardo verso alcune declinazioni meno ortodosse del genere, strizzando l’occhio in particolare ai Katatonia dei primi lavori o ad alcuni Nocturnal Depression: e mi riferisco proprio all’insistenza sulle melodie, che a volte sono davvero efficaci ed altre meno, ed alla ricerca di una forma canzone che punta spesso su ritornelli ripetuti, sottolineando l’alone di tristezza emanato dalla musica ma al contempo rendendo i pezzi piuttosto fruibili.
Vi sono poi alcuni elementi di diversificazione, che certamente non guastano nell’insieme ed anzi contribuiscono a scongiurare l’effetto monotonia che, pur connaturato al genere, potrebbe infastidire qualcuno: ad esempio l’uso, limitato ma apprezzabile, di clean vocals, che in un’occasione si trasformano in un coro dolente e malinconico; oppure gli inserti di pianoforte, che si inseriscono bene nel quadro generale e rendono le canzoni più dinamiche, senza però mai uscire dal triste seminato che caratterizza (ed in effetti deve caratterizzare) un disco votato al depressive. Ed è quando queste caratteristiche trovano un naturale equilibrio che possiamo ascoltare i brani migliori del lotto, tra i quali citerei senz’altro la doppietta iniziale formata dall’opener “Comatose Grief Awakened” e dalla successiva “Wise, Self-Mutilator”, e ancora “Razorblade Disciple”, tutti esempi di come un genere troppo spesso abusato e prigioniero di soffocanti luoghi comuni possa ancora oggi essere riproposto in maniera genuina e sostanzialmente credibile.
I Griverion non inventano assolutamente nulla ma sanno quello che fanno, suonano con cognizione di causa e sembrano aver trovato la dimensione ideale per esprimersi al meglio: e questo, in un panorama underground popolato da miriadi di realtà francamente poco utili, è già un non trascurabile punto a favore. “Suicidal Wisdom” mantiene ciò che promette e lo potrete apprezzare soprattutto se saprete sintonizzarvi sulla giusta lunghezza d’onda emotiva, indispensabile per entrare a fondo nell’atmosfera del disco.